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AI NOSTRI FRATELLI RESISTIAMO OVUNQUE CI TROVIAMO

Una risposta all'antisemitismo che riesplode in Occidente e nell'Europa che lo ha inventato

Data: 2023-11-2
Autore: Gherush92

Ai nostri fratelli, che essi vivano e resistano ovunque si trovino, dedichiamo l'articolo di Massimo Pieri dal titolo "Voi Nemici Metastorici" del 2001.

Il documento è tratto dal Giornale "Durban Festival dell'Odio" che Gherush92 pubblicò a seguito della famigerata Conferenza Mondiale contro il Razzismo delle Nazioni Unite, Durban 2001, a ridosso dell' attentato alle Twin Towers dell' 11 settembre. I fatti raccontati nel Giornale sono di una sconcertante attualità.

Ricordando che il ricavato della vendita del Giornale (libera donazione) viene devoluto all' Adom Magen David Italia, ringraziamo tutti coloro che hanno già aderito alla raccolta fondi promossa da Gherush92 in soccorso delle vittime del brutale attacco antisemita del 7 ottobre scorso.

Del Giornale esiste la versione in italiano e in inglese.

Per info scrivi a gherush92@gmail.com
Gherush92 Committee for Human Rights


VOI, NEMICI METASTORICI
Massimo Pieri, 2001

“Ho detto il Credo,
ho adorato marmitte di grasso lardo,
ho ascoltato messe e ho pregato
e tuttavia non ho potuto distruggere
questa espressione da converso...
Ho pregato con devozione
e ho sgranato il rosario
pensando di cancellare la mia colpa,
ma non sono mai riuscito a perdere la fama di vecchio, porco ed Ebreo.”

Antonio Montero scrive alla regina Isabella di Castiglia dal libro “Maledetta Isabella, Maledetto Colombo”

L’Europa ha fondato la sua cultura sul razzismo e sulla distruzione della diversità culturale, secondo l’idea che tutte le culture sono destinate ad evolvere verso un’unica verità religiosa, scientifica, tecnologica, verso un unico modello politico ed economico.
Così, per secoli, sono state eliminate culture e popoli diversi in nome di queste verità o in nome del progresso. L’antisemitismo in occidente è stato il precursore del razzismo che insieme alla schiavitù si è manifestato anche contro i rom, gli indiani di America, gli africani e contro tutti i popoli indigeni.

La politica razzista di Israele è stato l’argomento centrale della conferenza mondiale. Israele, unico paese esplicitamente citato nei documenti governativi e delle associazioni non governative, è stato accusato di essere uno stato razzista, di aver perpetrato genocidio, pulizia etnica e apartheid. Le organizzazioni ebraiche e il raggruppamento “Diversità Culturale” hanno e abbiamo lavorato senza tregua, sperando di modificare i documenti, replicando e argomentando tutti i punti contestati. A loro e a noi diciamo forse non dovevamo arrivare a tanto.

Il sostegno del raggruppamento “Diversità Culturale” al popolo ebraico e ad Israele durante la conferenza mondiale contro il razzismo nasce dalla consapevolezza che l’antisemitismo è un problema centrale del razzismo occidentale e che non ne sono state ancora comprese le ragioni che lo hanno determinato. La prova di questo è il fatto che la stessa conferenza contro il razzismo è stata razzista e antisemita e non ha tenuto conto della diversità culturale.

Il conflitto medio-orientale non è un conflitto razziale ma piuttosto un conflitto politico-culturale e questo argomento, dunque, non doveva rientrare nei temi della conferenza mondiale contro il razzismo. Al contrario la politica e la stessa legittimità di un solo paese, tra oltre 180 paesi riconosciuti dalle Nazioni Unite, è stato l’argomento principale delle dichiarazioni dei delegati dei governi e dei raggruppamenti delle associazioni non governative.

Lo schieramento compatto contro Israele e contro gli ebrei che si è costituito a Durban, cui fa eco un altrettanto compatto schieramento intellettuale e di opinione anche in Italia, è un campanello di allarme: troppe volte, nella storia, la unanime convergenza verso sentimenti animatori di teorie contro gli ebrei, teorie del complotto ebraico, o l’esistenza di una lobby ebraica per il dominio del mondo, hanno dato sostanza a leggi speciali, causato stermini, persecuzioni e massacri. In questo caso è necessario richiamare la memoria storica.

La diversità culturale del popolo ebraico viene confusa ancora oggi con una sua presunta “superiorità”. Questa accusa trae origine dall’antisemitismo nazista, fascista e comunista e, ancora prima, nell’antisemitismo cristiano: il concetto di “superiorità della razza ebraica” infatti non esiste nella cultura ebraica. L’idea che esista un vincolo di sangue che lega gli ebrei è di origine cristiana e si basa sul concetto di purezza di sangue. Era obbligo, durante il cristianesimo e in quasi tutti i paesi, anche in tempi recenti, presentare un certificato, certificato di “Limpieza de sangre” nel quale si doveva dimostrare di non essere contaminati da sangue ebraico o moro, da varie generazioni. Questo ha rappresentato la base del razzismo moderno.

L’idea invece che la cultura si trasmetta dai genitori verso i figli è comune a molti popoli, forse a tutti: ed è senz’altro così per i siciliani che sono tali se nascono in Sicilia da genitori siciliani, per i musulmani, per i cristiani e per altre culture o religioni. Considerare questa un’idea esclusiva degli ebrei è falso.

Il popolo ebraico è un popolo indigeno come i masai, i roma, come gli indiani d’America, gli zulu; la cultura ebraica, come le culture dei popoli indigeni, si fonda su una identità definita da un insieme di mitzvot. Le leggi ebraiche, così come quelle degli altri popoli, sono state definite molto tempo fa, un tempo così lontano che pochi secoli, quelli della modernità, rappresentano solo una breve, ininfluente parentesi. Ciò nonostante sono rimaste quasi immodificate: le leggi alimentari o le leggi spirituali degli ebrei, o quelle che regolano i rapporti civili, così come le leggi degli indiani d’America, dei masai o di altri popoli indigeni, esisteranno fino a quando vi sarà anche un solo rappresentante di questi popoli; lo shabbat, esisterà finché esisterà un solo ebreo sulla terra e anche se molti ebrei non lo osservano. L’individuo, eventualmente, ha l’arbitrio di rispettare o non rispettare i precetti, ma la posizione individuale non può modificarli, come del resto accade per tutte le legislazioni esistenti.

Vivere secondo la Torah per gli ebrei e nel rispetto delle leggi della propria cultura per gli altri popoli indigeni, è la felicità. In questo senso colui che è felice non ha storia, perché presente passato e futuro coincidono. Tuttavia gli ebrei e i popoli indigeni hanno conservato la propria identità a prezzo di stermini, pogrom e massacri ed hanno lottato con tutti i mezzi per conservare la propria cultura contro ogni forma di assimilazione al cristianesimo innanzi tutto e poi al progresso, al laicismo, al comunismo, fascismo, nazismo, alla democrazia. Una lotta estrema, vissuta sempre in condizioni estreme, come estrema è la minaccia della scomparsa di un popolo. Questa è la storia della loro infelicità, la sola che sollevi l’imperativo “ricorda” e di cui quindi conservano memoria.

Vale la pena chiedersi quale lotta politica prescinda dal verificarsi di condizioni estreme di sopravvivenza e quali eventi abbia importanza ricordare se non quelli che hanno condotto un popolo o una comunità al punto di non ritorno della distruzione. In questo senso cosa c’è di più politico della rivolta di Rabbi Akiva contro i romani, della forza con cui i Martiri della Shoà cantarono “Io credo nella venuta del Messia”, la sola lotta possibile nella più estrema delle condizioni, la prossimità dello sterminio? La distruzione del primo e del secondo Tempio, la perdita dell’entità nazionale, l’espulsione dalla Spagna, la Shoà sono storia entrata nella liturgia e quindi nella procedura e nella norma e gli ebrei non ne possono più fare a meno.

"Voi nemici, dite che gli ebrei sono spregevoli? Sono migliori e più nobili di voi, ma se anche fossero peggiori, sarebbe stato piacevole vedervi al loro posto." Voi, nemici, non capite il grande servigio che gli ebrei e gli altri popoli indigeni, con la loro lotta, hanno reso all’Umanità.

Voi, nemici, non volete capire che la cultura ebraica, come la cultura dei popoli indigeni, non può essere negoziata se non a prezzo dell’assimilazione e della sua distruzione. Finché sarà considerato un problema il rispetto del sabato per gli ebrei, o si considererà razzismo l’aspirazione degli ebrei a vivere in Israele, finché si chiederà loro di rinunciare alla propria cultura e si vorrà annullare o modificare la diversità culturale, il mondo occidentale continuerà ad essere razzista ed antisemita.

L’aspirazione di un popolo a conservare e a praticare la propria identità culturale è indipendente dalle possibilità concrete di realizzarle. L’aspirazione dei popoli indigeni all’autodeterminazione, ad essere riconosciuti come popoli e il diritto a ricostituire la loro entità nazionale, è la stessa che ha motivato il movimento sionista.

Israele è parte della cultura ebraica: è diventato popolo e nazione oltre 3500 anni fa e gli ebrei, cioè gli appartenenti al popolo ebraico vi sono rimasti fino al 70 d.e.v., quando furono deportati e dispersi dai romani. Da allora in Israele vi è sempre stata presenza ebraica. Sotto il re David Gerusalemme è diventata capitale del suo regno e da allora è stata capitale dello stato ebraico. Gerusalemme è citata più di 700 volte nella Torah e quando gli ebrei pregano si rivolgono verso Gerusalemme. Il ritorno in terra di Israele è stata l’aspirazione degli Ebrei per quasi duemila anni di diaspora.

Lo stato di Israele è nato nel 1948 dopo il disastro dell’Europa nazista, dalla divisione di quello che era allora Mandato Britannico. È stata, da parte ebraica, una lotta di liberazione e il territorio è stato spartito in due aree distinte, una destinata ad Israele, l’altra ad un altro stato, che però, non fu realizzato.

Le leggi degli ebrei e le leggi dei popoli indigeni sono metastoriche. Sono leggi metastoriche ed olistiche, hanno a che fare con il sapere e con la conoscenza e permettono a tutti i popoli indigeni di sopravvivere in ambienti estremi. La cultura è una proprietà e un diritto collettivo di tutto il popolo e non dell’individuo. Essa è poco mutabile se non immutabile e la modifica forzata di questi parametri implica, come si è visto, la scomparsa del popolo. Al contrario la libertà più qualificata è quella che consente di vivere secondo tali parametri ed è strettamente connessa al concetto ed alla pratica della diversità e della separatezza per la quale le leggi della cultura di un popolo contengono tutti gli elementi e i mezzi.

La modernità, così come la salvazione, il progresso, l’etica, non potranno mai rappresentare un riferimento universale se non attraverso processi di distruzione e di assimilazione. Le culture non sono universali, tantomeno nelle affermazioni di miserabili farabutti che pretendono di giudicare la cultura dei popoli con la minaccia di una nuova Shoà, con il ricatto della salvazione, usando lo strumento dell’omertà e della protezione istituzionale.

Della propria cultura non ci si può pentire, chi vuole costringere un popolo a pentirsi della propria cultura o a rinunciarvi è un razzista. I cristiani hanno formulato questa logica, divenuta poi strumento di lettura dell’ebraismo per comunisti, fascisti, pacifisti, nazisti, democratici, assimilazionisti, laici, anarchici, e quelli che hanno praticato la schiavitù, arabi e cristiani, che rappresenta il massimo della negazione della pratica della diversità culturale.

Gli ebrei, come tutti i popoli indigeni dell’europa, africa, america, asia, lottano a tutti i costi per difendere la propria identità. E questo dà loro naturalmente ogni ragione, così come hanno ragione tutti i popoli indigeni che lottano ed hanno lottato in passato per difendere la loro identità minacciata, convertita, annichilita e massacrata.

L’idea che Israele esiste perché ha subito la Shoà e che la sua rinascita, in contrasto con la modernità o stridente con il programma universale, è dovuta ad una concessione dell’occidente, pentito delle proprie colpe, è denigratoria, squallida e razzista. Gli ebrei hanno combattuto contro gli inglesi e contro gli stati arabi e sono morti per questo. La cultura del popolo ebraico si è sempre basata sull’indicazione e l’aspirazione al ritorno degli ebrei in Eretz Israel e a Gerusalemme. L’aspirazione al ritorno, così come il rispetto del sabato, non è legata ad un determinato periodo storico, ma è valida sempre ed è parte della cultura ebraica.

Voi, nemici, questa cultura non potete giudicarla con i vostri modelli di moralismo e semplicismo, potete solo desiderarne l’assimilazione al divenire ordinario dei popoli e del tempo, che è un vostro postulato, fondamento del vostro desiderio della scomparsa del popolo ebraico.
Ma la storia di voi, carnefici, stritolata dal giudizio dei tempi, sarà ricordata come una breve parentesi nella storia del popolo ebraico.

Il fatto è che di tutti coloro che hanno invaso la terra di Israele nessuno l’ha trasformata in una entità statuale, né ha fatto di Gerusalemme la sua capitale, nemmeno i cristiani e i mussulmani. Questo vuol dire che quelli che hanno occupato, sempre con la violenza, la terra di Israele sapevano, e hanno sempre saputo, che quella era la terra del popolo ebraico e che questo prima o poi sarebbe ritornato a riprendersela, cosa che poi ha fatto.

Ad un certo punto della sua storia il popolo ebraico ha realizzato il ritorno in Eretz Israel e questo gli ha dato il diritto pubblico e privato di possedere e abitare la propria terra. Questo diritto è garantito, prima di tutto, dal fatto che tutto ciò è stato realizzato, è avvenuto.

Voi, nemici del popolo ebraico e degli altri popoli, non volete capire che è dal riconoscimento del diritto assoluto e inalienabile del popolo ebraico a costituire un’entità nazionale e a vivere secondo la propria cultura nella propria terra e con le proprie leggi, che derivano tutti gli altri diritti: anche quelli dei non ebrei, anche quelli di coloro che non hanno ancora un’identità. Di certo questo diritto è così forte che non può essere la minaccia di una nuova Shoà, o, peggio, le accuse ripugnanti di razzismo, a convincere gli ebrei ad abbandonare le loro leggi, la loro cultura. Non lo hanno fatto con i nazisti, non con i cristiani che li hanno tormentati e massacrati per duemila anni, come potete pensare che possano farlo adesso che hanno realizzato il loro sogno, il sogno profetico.

Voi, nemici, volete che gli ebrei si pentano, chiedano perdono e si riconducano a otò ish! Ma gli “ebrei si vergognerebbero di appartenere ai popoli e alle nazioni che hanno generato e cresciuto gli scellerati responsabili dei crimini compiuti contro di loro”. Il popolo ebraico torturato, disonorato, soffocato, il popolo ebraico sepolto vivo e bruciato vivo, il popolo ebraico oltraggiato, schernito, deriso, il popolo ebraico massacrato a milioni” ha combattuto e riconquistato la sua identità, la sua dignità.

Voi, nemici, volete convertire il popolo ebraico a forza? ammazzatelo pure tutto, denigrate la sua cultura, attentate alla validità storica o metastorica delle sue leggi, minacciatelo con il ricatto del perdono, resisterà fino all’ultimo, fino all’ultimo respiro, per difendere la sua identità. L’identità del popolo ebraico, come quella di ciascun altro popolo, è il bene più prezioso, è il bene che può portare alla gioia e alla felicità. L’identità è anche il bene per cui, se è necessario, vale la pena di morire, fino alla fine, come hanno dimostrato gli Eroi del marranesimo e gli Eroi del ghetto di Varsavia.

Massimo Pieri, 2001

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