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Riappropriamoci del mondo

Data: 2023-01-05
Autore: Gherush92 Committee for Human Rights

Internet non è un bene primario, va quindi distinto dai beni essenziali come l’acqua, il cibo, la sanità, l’istruzione o l’energia che serve per fornire questi beni a tutti. Eppure internet ha una valenza importante tanto che determina il cosiddetto digital divide, il divario cioè tra chi ha accesso a internet e chi non ce l’ha (per scelta oppure no). Tra le categorie escluse gli anziani (“digital divide intergenerazionale”), le donne non occupate o in particolari condizioni (“digital divide di genere”), gli immigrati (“digital divide linguistico-culturale”), le persone con disabilità, le persone detenute e, in generale, le persone con un livello basso di istruzione, non in grado di utilizzare gli strumenti informatici. Esiste anche un divario digitale fra paesi.

Succede così che categorie già svantaggiate sono escluse anche da internet e dai servizi sempre più specializzati che il mondo digitale offre; e che il progresso delle nuove tecnologie digitali provoca una crescente frattura tra la popolazione in grado di utilizzarle e la parte che ne rimane esclusa e discriminata nei diritti esercitabili online.

Internet ha una valenza così rilevante che dal 2012 secondo la risoluzione A/HCR/20/L.13 del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite “gli stessi diritti che le persone hanno offline devono essere tutelati anche online, in particolare la libertà di espressione, …”. Questa risoluzione, che attribuisce alla rete “una forza nell’accelerazione del progresso verso lo sviluppo nelle sue varie forme” e chiede “a tutti gli Stati di promuovere e facilitare l’accesso a Internet”, è un passo verso il riconoscimento del diritto di accesso alla rete internet come diritto umano fondamentale.

La transizione digitale, insomma, nonostante la crescente sperequazione fra inclusi ed esclusi, sembra una realtà irreversibile, strategica per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU di un futuro migliore e sostenibile per tutti, addirittura essenziale per ridurre i problemi ambientali e le disuguaglianze fra gli uomini.
Secondo molti la futura società digitale assicurerà alla popolazione salute e benessere (obiettivo 3), garantirà l’accesso ad un’istruzione di qualità su scala globale (4), aiuterà a raggiungere un’uguaglianza di genere (5), favorirà l’accesso a sistemi di energia economici, moderni e sostenibili (7), implementerà il lavoro dignitoso e la crescita economica (8), creerà città e comunità sostenibili (11), e molto altro ancora. Asserzioni queste tutte da dimostrare, mentre la furia innovatrice della digitalizzazione è diventata essa stessa il principale obiettivo della modernizzazione, il che allontana i problemi reali dalla possibilità di una concreta risoluzione.
Anche un bambino è in grado di capire infatti che sviluppo e benessere si raggiungono con oculate decisioni politiche e di programmazione, non con la transizione digitale (da considerare eventualmente un’opportunità), che invece è diventata l’attrice principale di una rivoluzione apparente che amplifica in modo esponenziale le disuguaglianze e i problemi legati allo sviluppo.

La digitalizzazione è alla guida verso un mondo illusorio, pieno di “innovations”, future “città intelligenti”, “landscape e capitali smart, reti, piattaforme ed ecosistemi sostenibili”, “opportunità virtuali citizens-oriented da costruire insieme”, nel quale si celebra il “digital first”, riferito ai servizi “nativamente digitali” via via accessibili in modalità differente solo in modo residuale. Con il “digital twin” (il gemello digitale), la differenza tra rappresentazione virtuale ed entità fisica, vivente o non vivente, si assottiglia fino a scomparire perché “tutto ciò che è digitale è reale”.

Ma mentre le prospettive virtuali (assai promettenti per il business!) sono quanto mai nebulose, è evidente la progressiva riduzione di attività e servizi nel mondo reale: chiudono negozi ed attività commerciali, sportelli postali e bancari, aziende ed imprese, attività culturali come biblioteche, cinema, associazioni, librerie, giornali e riviste, che inesorabilmente emigrano verso il web che diviene, per chi ne ha libero accesso, sempre più efficiente e vitale. Carte di identità, sanitarie, bancarie elettroniche sostituiscono quelle cartacee, la ricerca del lavoro e l’accesso ai finanziamenti avviene on-line, le attività commerciali evadono su internet che è il nuovo “reale” contesto. I termini off-line e on-line sono un esempio della supremazia del digitale sul mondo reale che velocemente perde conoscenze, diversità, abilità, tecniche, persino forza giuridica, mentre anche le relazioni fra persone e con l’ambiente espatriano e si smaterializzano nella dimensione cosiddetta digitale.

La questione principale non è internet a tutti (che pure va garantito) ma il progressivo ridursi delle possibilità di svolgere le normali attività sociali, economiche, culturali al di fuori dell’universo digitale che tende oramai a predominare. La digitalizzazione comporta una riduzione della conoscenza che, man mano che viene trasferita al web e alle macchine, viene perduta dagli uomini. Il progressivo allontanamento, svuotamento, desertificazione, alienazione del mondo off-line contrapposto a quello on-line che si riempie, evoca un’idea di spegnimento progressivo della realtà. Il mondo digitale vive insomma da scroccone, alle spalle del mondo reale che copia e ricopia, sfruttandone fino all’estinzione, conoscenze, attività, diversità, struttura, immagini che sopravvivono in brutta copia nel web ma inesorabilmente muoiono nel reale. Internet trangugia e divora ma non restituisce che riproduzioni.

Conseguenza ineluttabile è la decadenza, progressiva diminuzione di prosperità, floridezza, autorità, vitalità ed efficienza del mondo reale che sta perdendo la possibilità di far valere il suo diritto ad esistere, a seguito di un abbandono che ne impedisce il regolare esercizio. Il processo di decadimento, attraverso il quale una realtà un tempo funzionale, cade in rovina e si ammalora, va invertito ribaltando i termini della questione.
Riappropriamoci del mondo, perché è proprio qui, nel mondo “reale”, che devono essere garantiti conoscenza, attività, servizi e diritti; è qui che vanno raggiunti gli obiettivi di sviluppo.

Nell'inversione rinnovatrice non è da sottovalutare il fatto che esiste una parte di popolazione che si dichiara contraria, rigetta la realtà digitale omologante e globalizzata preferendo il mondo tradizionale, disconnesso, off-line. A questi esclusi dalla società digitale, che per scelta o necessità sono temporaneamente (si pensi allo shabbat) o definitivamente “disconnessi”, deve essere riconosciuto il diritto di svolgere in pieno le attività culturali, sociali, economiche, lavorative. Sono proprio queste componenti, come ad esempio i popoli indigeni o le comunità locali, saldamente ancorate al creato, che resistendo da secoli alla furia distruttrice dell’omologazione e preservando ciò che resta di conoscenza e diversità, salveranno il mondo da una transizione digitale che ci sta estinguendo.

Gherush92 Committee for Human Rights

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