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SHECHITA’. O BUSINESS O TRADIZIONE SULLA PELLE DEGLI ANIMALIData: 2013-09-16Autore: Gherush92 La sentenza della Corte Costituzionale polacca ha dichiarato illegale la macellazione rituale e l’istanza è stata recentemente recepita da un divieto parlamentare. Poiché un gruppo di allevatori ed operatori ha intentato causa contro il governo per danni, è stata convocata una Commissione il cui obiettivo potrebbe essere quello di presentare ricorso chiamando in causa la violazione del principio di libertà religiosa. La shechitah va senz’altro rispettata e l’applicazione della libertà religiosa ebraica significherebbe garantire l’osservanza delle regole della shechitah e soddisfare il benessere degli animali. La libertà religiosa, in questo caso, sembra invece, invocata per giustificare un business da 500 milioni di euro all’anno, un business che in Polonia, come altrove, si basa sulla mistificazione che vuole la carne kasher di maggiore qualità, mentre questa proviene dagli stessi animali che soffrono negli allevamenti industriali che forniscono carne non kasher. Visto che gli stessi ebrei, nei macelli gestiti da ortodossi che alimentano un business di gigantesche proporzioni, come Agriprocessors negli Stati Uniti oppure Adom Adom in Israele, hanno ripetutamente trasgredito le norme ebraiche previste, nel riaccordare il diritto alla shechitah, le autorità giudiziarie locali dovrebbero verificare e garantire che tutte le norme ebraiche relative davvero siano soddisfatte e cioè: - che l’animale non abbia subito percosse, maltrattamenti, pungolature, torture causa di sofferenza sia durante la sua vita che durante i trasporti o nel macello, in particolare quando viene sospeso per una zampa o ruotato nella macchina rotante o con altri dispositivi che procurano sofferenza; - che l’animale abbia riposato di sabato; - che l’animale non sia stato trasportato di sabato; - che la madre non venga sgozzata nello stesso giorno del figlio; - che l’animale non abbia sopportato il giogo dell’aratro insieme ad un altro di specie diversa; - l’animale non sia stato costretto a sopportare la museruola durante il lavoro di trebbiatura; - che l’animale non sia stato castrato; - che dall’animale non sia stata prelevato un pezzo di carne viva; - che l’animale non sia stato sottoposto a carichi pesanti; - che l’animale non sia mai stato terrorizzato o impaurito; - che l'animale non sia stato separato dalla madre (e viceversa) prima di otto giorni; - che l’animale non sia sgozzato in presenza di altri animali, vivi o morti; - che l’animale non sia sgozzato prima di otto giorni; - che siano rispettate le regole dello sgozzamento che assicurano una morte indolore e rapida in termini di secondi e non di minuti. Shehiya: lo sgozzamento deve avvenire senza alcuna pausa; Derasa: lo sgozzamento deve avvenire senza alcuna pressione, né da sopra né da sotto. Neanche ci deve essere alcuna intaccatura; Chalada: lo sgozzamento deve avvenire senza alcuna penetrazione o escavatura; Hagrama: l’incisione deve avvenire in una precisa regione del collo, precisamente attraverso la trachea sotto il cricoide ma non attraverso la laringe né attraverso la parte del collo che è vicino al torace; Ikkur: lo sgozzamento deve avvenire senza alcuna lacerazione. - che sia rispettato l'obbligo del Nikkur (eliminazione del nervo sciatico e del grasso proibito) senza uccidere più animali del necessario; - che nel processo di allevamento e macellazione non siano coinvolti lavoratori minorenni oppure in nero o che vengano fatti lavorare di shabat; - che non siano sgozzati più animali del fabbisogno ebraico (per es. per fare il business con i goym); - che l’animale non provenga da allevamenti intensivi o industriali che generano sofferenza non ammessa. I trasgressori dovrebbero essere puniti. GLI ANIMALI CHE SOFFRONO NON SONO KASHER LIBERATE GLI ANIMALI CHIUDETE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI |
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