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UN CONVEGNO SBAGLIATO E CON MOLTE INCOMPETENZE

La Venuta del Mashi’ah

Data: 2011-11-09
Autore: Gherush92

È perfino ovvio che macellare un animale provoca sempre sofferenza, ma non è misurando con il bilancino il dolore delle diverse pratiche di macellazione che si risolve il problema centrale di restituire dignità agli animali. Una società che tortura gli animali negli allevamenti industriali per ottenere illeciti guadagni e sfizi alimentari è anche disposta a macellare gli animali a bastonate, con le revolverate, nelle camere a gas, con le scariche elettriche, scuoiandoli vivi, mutilandoli, e così via, con o senza lo stordimento preventivo, che è la logica conseguenza di una società crudele e angosciosamente malata. Una società, invece, che vive in armonia con le regole del Creato, della Torah e del Corano, che possiede leggi e regole di rispetto verso gli animali e che vieta di infliggere sofferenza inutile è anche in grado di macellare in modo professionale, adatto, si potrebbe dire naturale. Ciò che deve essere difeso è l’intero procedimento ebraico, dalla nascita dell’animale fino alla shechità, fino al consumo; il problema, oggi, nasce perché la shechità è stata recisa dal resto delle procedure e ci si avvale di animali che appartengono al mondo dei torturatori, gli stessi torturatori che hanno fatto la Shoah, che hanno massacrato Indiani, Africani, Ebrei, Mori, Roma.

Lasciate agli scienziati moderni, inventori di specie selezionate geneticamente, alimentazione forzata e innaturale, riproduzioni coatte, eliminazione degli esuberi, spazi angusti e gabbie ristrette, somministrazione massiccia di farmaci e antibiotici, mutilazioni preventive, alterazione del sonno e della veglia, pazzia, sofferenza, dolore, sangue, il compito di dimostrare al mondo qualità ed efficacia dei loro metodi brutali e delle loro procedure, dall’inizio alla fine del processo, dalla nascita fino alla macellazione. Agli ebrei il compito di recuperare finalmente un comportamento amorevole e responsabile verso gli animali, come richiesto dalle regole, per dimostrare un atteggiamento complessivo di rispetto e protezione fino alla macellazione e al consumo: la vita degli animali secondo le regole ebraiche e la morte secondo la schechità, inquadrate nel sistema di regole tradizionali, sono garanzia della dignità degli animali. Ma senza questo generale atteggiamento di rispetto la shechità può risultare “un capriccio di libertà religiosa”.

Il convegno: “Gli animali e la sofferenza: La questione della shechità”, un incontro mediocre, sia nella sostanza che nell’impostazione, non ha aggiunto nulla di nuovo a ciò che già sappiamo: evidentemente aveva altri scopi… . Il titolo è sbagliato, perché la sofferenza degli animali non è argomento che può essere relegato al momento della shechità, e la shechità non deve essere ricondotta alla sofferenza. Un esercizio di stile retrogrado, di cattivo gusto e condotto sulle spalle degli animali. Gli organizzatori hanno rimosso deliberatamente e per incompetenza la questione fondamentale e angosciante della sofferenza degli animali negli allevamenti industriali e altrove; hanno scioccamente ridotto la questione del divieto della macellazione rituale a un problema politico e di “libertà religiosa”; hanno esplicitamente scartato la possibilità di un’alleanza con il mondo islamico che condivide quotidianamente la stessa minaccia del divieto della macellazione rituale, anche in Italia; hanno intenzionalmente escluso ogni diretta responsabilità ebraica al dolore degli animali e la possibilità di un’attiva partecipazione al riscatto e alla risoluzione del problema della loro dignità.

Mettendo insieme sofferenza e schechità, nel titolo e nelle relazioni dei partecipanti, il convegno ha cercato di dare risposta al falso problema posto da coloro che vogliono vietare la macellazione secondo le regole ebraiche ed islamiche e cioè che la macellazione rituale senza stordimento provoca maggiore sofferenza. Il reale problema riguarda prima di tutto la vita degli animali negli allevamenti ed è sbagliato ostinarsi a voler dimostrare validità ed efficacia della shechità in un contraddittorio sulla misurazione del dolore nella macellazione con e senza stordimento perché qualsiasi dimostrazione “scientifica” non potrà modificare la pratica rituale.

Il tema della schechità è stato liquidato come questione di “libertà religiosa” che c’entra come il cavolo a merenda, mentre invece è parte dei diritti umani e della diversità culturale e va trattato in questo ambito e nelle sedi appropriate; i pericolosi tentativi di vietare la schechità sono una violazione dei diritti umani e vanno trattati nell’ambito della discriminazione, del razzismo, dell’antisemitismo e dell’islamofobia. Persino il richiamo autocompiacente ad autorevoli personalità che hanno scelto il vegetarianismo non ha chiarito la posizione ambigua degli animalisti, come il Prof. Veronesi, che ha sottoscritto il Manifesto “La coscienza degli animali” che propone “… deve essere sempre vietato il feroce sgozzamento degli animali da macello senza stordimento e la conseguente agonia per dissanguamento”. In ogni caso, la cosiddetta “libertà religiosa” non può autorizzare a chiudere gli animali nei lager, a torturarli e a trucidarli, con o senza lo stordimento.

Ebrei ed Islamici sono alleati, volenti o nolenti, perché subiscono la stessa discriminazione; assumere facili atteggiamenti con il pericolo di scivolare nel razzismo non serve. E’ un errore grave non auspicare un intervento congiunto – già avvenuto in Olanda per contrastare l’approvazione della legge contro la macellazione rituale e come Gherush92 ha fatto con le sue delegazioni miste sia all’ONU che all’Ambasciata Olandese, ripetutamente e con successo – ed esplicitamente escludere questa possibilità, come è un errore imperdonabile sradicare un albero centenario per regalarlo al nemico.

E’ persino ridicolo, come ha fatto qualche mammina dell’ebraismo, ridurre ad una dimensione artistico poetica la insopportabile sofferenza degli animali che interrompe ogni legame fra ebrei e Creato e fra ebrei e la Terra. Nella mia Terra tutti devono stare bene: buoi, asini, maiali, alberi, pidocchi, donne, uomini, ebrei, non ebrei, stranieri … amici e nemici, senza campi o allevamenti di sterminio.

Il tema della sofferenza, fisica e psichica, degli animali è di proporzioni colossali perché riguarda il maltrattamento di miliardi di essere viventi; è complesso perché ha implicazioni etiche, del diritto, della responsabilità, della diversità culturale, della salute, economiche, ambientali e delle sfruttamento delle risorse; è urgente perché è insostenibile sia per gli animali che per gli uomini. E’ tempo di ridare piena dignità a questi esseri viventi ridotti ad un ammasso informe di sofferenza e di dolore e a oggetti per la produzione. Per loro la morte è una liberazione. Di questa sofferenza, frutto solo di malvagità e sadismo, non abbiamo bisogno.

Il dolore degli animali è talmente grande che il problema della shechità è insignificante al confronto: abbiate il coraggio di presentare le immagini e i video nelle scuole e di mostrare la verità ai vostri figli senza nascondere che siamo parte di questo ingranaggio, schifoso e ripugnante. Se proprio non riuscite a liberarvi di questa complicità allora diventate vegetariani. Per difendere la shechità bisogna difendere prima gli animali. Qualcuno ha anche detto che se alla fine vieteranno la shechità significherà che saremo nell’epoca messianica. Noi diciamo che è necessario rendersi responsabili del benessere degli animali e, così facendo, parteciperemo attivamente alla venuta del Mashi’ah.

SE NON AVETE L’ANIMO DI GUARDARE L’ORRORE VERSO GLI ANIMALI NON DOVETE NEMMENO MANGIARE LA LORO CARNE, ANCHE SE SONO MACELLATI SECONDO LE REGOLE.


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