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Per fortuna non è lo stesso D-o non è lo stesso uomo

Data: 2009-05-25
Autore: Gherush92

Aedi e rapsodi della neo-islamofobia, che occupano anche gli scranni della Camera, i circoli culturali e le pagine di libri e giornali, non esitano a far danno alla verità e alla storia. Gettano alle ortiche la memoria, secoli di interpretazione di testi, studi di esegeti e maestri, in nome di una visione politica contingente che vuole farsi veicolo di una nuova pericolosa forma di razzismo e di fanatismo.

L’autore di “Non è lo stesso Dio, non è lo stesso uomo. Bibbia e Corano a confronto”, mescolando già nel titolo, in modo demagogico, ebraismo e cristianesimo, si avventura in analisi azzardate confrontando i testi al solo scopo di denigrare l’Islam rappresentante, a suo dire, di un uomo senza anima e di un Dio “cattivo” e “lontano”: “Il Corano immobile” della civiltà islamica a confronto con la Bibbia dello sviluppo occidentale che, evidentemente, nell’analisi dello scrittore, si sarebbe saputa evolvere e trasformare nel corso dei secoli e incarnare - di nome e di fatto - lo spirito dell’uomo nel suo tempo.

Con un approccio a proprio uso e consumo, l'autore definisce ed esalta la complessità dell’uomo occidentale, creando un artificioso miscuglio fra teologia e filosofia, tradizioni ebraica, greca e romana, rubando e manipolando qua e là, anche ciò che non gli appartiene. E’ il guazzabuglio laicista di chi sembra non sapere cosa siano le regole dell’appartenenza ad una cultura, ad un popolo, ad una legge; cosa sia il legame collettivo, culturale e giuridico, ad un gruppo.

Se crede possiamo regalargli la canzone di Gaber L’ Appartenenza.

Ma chi è, in realtà, da sempre, secondo la razzista interpretazione cristiana e occidentale, il D-o cattivo e distante, immobile, che non vuole evolversi e contaminarsi nella storia dell’uomo, privo di misericordia, che esprime solo la giustizia e il rigore della legge? E quale è il corrispondente popolo di "dura cervice", che non si assimila, resta distante, inadeguato a convertirsi al cristianesimo, al laicismo, che resiste impunito alla modernità, all’illuminismo, al comunismo, al fascismo, e persino alla democrazia ?

Si ripete, questa volta ai danni dell’Islam, un cliché che non ha niente di nuovo e che ha discriminato gli ebrei e l’ebraismo per duemila anni di cosiddetta civiltà giudaico-cristiana. Ci si vergogna quasi a dover ancora correggere: la Bibbia (che contiene anche il Vangelo) non appartiene agli ebrei. Con questo termine forzatamente si vuole incatenare l’ebraismo al cristianesimo, le vittime ai persecutori. Non è vero che il cristianesimo è il verus Israel, non è vero che la redenzione viene solo da Jeshu o dall’illuminismo, non è vero che gli ebrei sono i fratelli maggiori dei cristiani.

La manipolazione continua, fino al ribaltamento, fino a servirsi dell’ebraismo e degli ebrei, di Israele e persino dell’antisemitismo: la linea giudaico-greco-romano-cristiano-illuminista-comunista-fascista-democratico-garante-dei-diritti-umani, che unisce tutto, manipola tutto, uniforma tutto, non esiste. Niente, infatti, esiste che possa essere denominato “giudeo-cristiano”, a meno che non ci si riferisca esplicitamente alla persecuzione e allo sterminio degli ebrei, alla persecuzione e allo sterminio dei popoli pagani e dei Roma, alle crociate, alla conquista dell’America e allo sterminio degli Indiani, alla schiavitù africana, ai ghetti, all’inquisizione, ai pogrom, alle leggi razziali, tutto ad opera dei soli cristiani.

Ecco la prefazione del Libro di Allam “Europa Cristiana Libera”: “Sogno un’ Europa che proclami un’«emergenza etica», risvegliandosi dal torpore ideologico che l’ha portata a rinnegare la propria identità obnubilata dai veleni del nichilismo, islamicamente corretto, soggettivismo giuridico, multiculturalismo... . Sogno un’Europa che faccia proprie le parole di Gesù «la verità vi farà liberi», riaffermando la verità storica delle sue radici giudaico-cristiane che hanno consentito di recepire e armonizzare la positività espressa dalle differenti culture che l’hanno attraversata nel corso dei millenni, promuovendo una sana laicità e un liberalismo solidale."

Ma dove, come, quando sono esistiti in Europa, dall’inizio dell’era volgare, armonizzazione (e non distruzione) della diversità culturale, quando sono esistiti laicità sana, liberalismo solidale, armonizzazione delle differenti culture ? Abbia il coraggio l’autore di ammettere che forse desidera una nuova “limpieza de sangre”, nuovi editti di espulsione, un’Europa libera dai non cristiani, come già per molti secoli.

Sembra di trovarsi di fronte alla summa di un programma discriminatorio e islamofobico da una parte e revisionista dall’altra.

La verità in Jeshu non rende liberi ma oppressi. E' la lotta contro i vecchi e i nuovi faraoni che rende liberi.

Ma non sarebbe ora di smetterla con le analogie intellettualistiche, con i paragoni razzisti, con i tentativi di assimilare, giudicare, interpretare e stabilire gerarchie fra civiltà, popoli, gruppi, comunità e religioni ? Si usano i vari D-o come elemento di schieramento e di discriminazione e questo è proprio il fondamento del razzismo e della negazione dei diritti umani.

Alla stessa corrente sembra appartenere la giornalista deputato Nirenstein che a proposito dell’ultima visita del papa in Israele, scrive “… un comune denominatore tra ebraismo e cristianesimo che è l’affermazione dei diritti umani, la democrazia, la libertà e l’eguaglianza degli individui …”.

Comune denominatore evidentemente inesistente dato che - come l’autore della frase sa bene - l’ebraismo non è una religione, bensì un popolo con una propria legge, una nazione e una spiritualità. Assimilare l’ebraismo al cristianesimo è solo una forma di opportunismo, a danno del primo e a vantaggio del secondo .

La cosiddetta “riconciliazione” del XXI secolo di cui ha parlato il papa nella sua ultima visita in Israele non richiede (come invece il marranesimo) la conversione forzata al cristianesimo, ma aspira a comprimere tutti in una insopportabile dimensione giudaico-cristiana, dove la seconda fagocita e metabolizza la prima. E’ noto che “riconciliazione” è un termine dell’Inquisizione; i “riconciliati” erano Ebrei e Infedeli condannati che alla fine si convertivano nel senso noto usato da San Paolo e si riconciliavano nel segno della croce e, per premio, venivano garrotati prima di essere bruciati.

Nella stesso articolo la giornalista arriva ad affermare: “a me non interessava avere delle scuse ufficiali da Ratzinger per l’atteggiamento di Pio XII e della Chiesa cattolica durante l’Olocausto”. Abbiamo dei dubbi che sia in grado di valutare la portata delle sue parole.

“A me”! A che titolo si esprime non si sa, ma è chiaro che lo scarso interesse per una questione così grave e delicata è un palese sintomo di revisionismo (negazionismo). Proprio dalle pesanti responsabilità della Chiesa prima durante e dopo il nazismo si può iniziare un rapido esame di quanto il cristianesimo sia stato, e sia tuttora, non già l’affermazione ma la negazione dei diritti degli uomini e degli animali, delle piante, dell’ambiente, dei diritti individuali e collettivi, dei bambini e delle donne, degli ebrei e delle streghe, di Giordano Bruno e dei popoli indigeni, di Nachmanide e dei Roma, degli omosessuali e degli Africani, dei vivi e dei morti.

Tutto ciò è ampiamente documentato, non dalle chiacchiere o dal sentito dire, ma da atti legali, bolle, processi, encicliche del passato e del presente, fino all'imbroglio di Nostra Aetatae, alla Dominus Jesus, al Crimen Solicitationis, alla Oremus et Pro Judaeis, alle Magdalene, all’attuale processo di Cincinnati, fino agli esiti, a dir poco sconcertanti, della Commission to Inquire into Child Abuse del governo irlandese.

La chiesa si affanna, nel frattempo, a garantire i diritti del negazionista Williamson e a dar corso al processo di beatificazione di Isabella di Castiglia che massacrò ed espulse Ebrei, Mori e Roma dalla Spagna, introdusse il tribunale dell’Inquisizione e diede inizio al genocidio degli Indiani d’America e degli Africani. La chiesa, intanto, dà corso al processo di beatificazione di Pio XII, il papa della Shoah.

Sono questi i diritti umani a cui ci si riferisce ?

A certi "maitres à penser" consigliamo di studiare e documentarsi, senza mistificare. Se non si tengono ben presenti questi fatti non si arriverà mai a comprendere una semplice verità: nel cristianesimo si è originato e continua ad originarsi l’antisemitismo che in certe organizzazioni islamiche trova solo un recipiente pronto ad accoglierlo. C’è, invece, chi sostiene che la questione si risolve rimuovendo quella semplice verità (e dunque la memoria) in nome del dialogo interreligioso, solo strumento di umiliazione della storia, della realtà e delle vittime.

Certi "intellettuali" sono il motore di uno schema di pensiero che spinge al fanatismo e incita alla guerra. Nel far questo si teorizza la distruzione della memoria storica e con una analisi superficiale, razzista e scandalistica del cosiddetto “scacchiere geo-politico” si utilizza la contrapposizione tra i D-o buoni e i D-o cattivi, popoli buoni e popoli cattivi, che naturalmente sono sempre gli stessi.

Cancellare il passato, svilire la memoria e dilatare il presente fornendo analisi apocalittiche e moralistiche è estraneo al modo di pensare e di agire degli ebrei e dei popoli indigeni. Qualche anno fa questo tipo di pensatori avrebbero fatto ridere i polli, ora vengono presi sul serio.

Si lamentano quando i palestinesi dicono che Israele è uno stato di apartheid, ma vogliono discriminare i mussulmani e il loro D-o. Si indignano quando si parla di complotto giudaico massonico, ma sostengono l’idea del disegno islamico, palese e occulto, di dominazione del mondo. Si offendono se si criticano i Vangeli o il papa, però sbeffeggiano il Corano, si indignano se la Libia organizza la Durban Review Conference in quanto nemica di Israele, ma difendono la Libia quando accoglie dei disperati perché è presidente di turno del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU.

Questa “intellighenzia” è, insomma, il correlativo oggettivo dei “no global”, teorica del “pensiero semplice”. Ha successo e seguito in quanto è portatrice di un chiaro progetto che consiste nel dare alle masse un cappello culturale a nuove forme di razzismo e discriminazione con il metodo, vecchio e collaudato nei secoli, di far passare i discriminati come colpevoli di presunti delitti.

Colpevoli di essere mussulmani, per esempio, quindi non rispettosi dei “diritti umani”, colpevoli di essere Roma e quindi di rubare, anche i bambini, colpevoli di non essere cristiani e moderni quindi di non omologarsi, non assimilarsi, di non volersi convertire.

La spartizione è chiara: agli intellettuali “rivoluzionari” no global e ad alcune organizzazioni islamiche e cristiane appartiene l’elaborazione dell’antisemitismo moderno, agli intellettuali conservatori l’islamofobia, la distruzione della diversità culturale e la conversione implicita ed esplicita al cristianesimo e alla modernità.

Certi personaggi, venerati come nuovi eroi nella lotta contro l’Islam, vogliono raffigurare un mondo sottoposto all’attacco del “feroce Saladino” che esiste solo nelle loro menti sragionanti.

Spiace in maniera particolare che usino la difesa di Israele in funzione islamofobica e come grimaldello per diffondere una nuova forma di falsificazione della realtà.

L’ebraismo non dovrebbe identificarsi con questi "pensatori", anzi dovrebbe prenderne le distanze perché comincia a diventare un rischio, pur di essere accettati, il farsi comprimere in un insopportabile paradigma culturale che vede ebrei e cristiani assieme uniti in una lotta di civiltà inventata di sana pianta.

Gli ebrei, come tutti i popoli del mondo non sono buoni, sono ebrei. Come tutti i popoli del mondo sono in possesso di un proprio sistema di precetti o regole tradizionali (dette mitzvot) che definiscono la vita, nella sua interezza, delle comunità ebraiche e degli individui ebrei che lo desiderano. Gli Ebrei detengono la proprietà collettiva e individuale della propria produzione intellettuale tradizionale, tecnica, d'immagine, della propria memoria e dei propri beni su cui devono poter esercitare ogni diritto esclusivo riconosciuto e riconoscibile. La Torà, il Tanakh, il Talmud, la Gemarah, la Mishnà, i Midrashim appartengono agli ebrei, sono beni degli ebrei, sono proprietà intellettuali e spirituali degli ebrei. La Bibbia, ovvero la versione falsificata, no.

Ciò che non si vuole capire è che è proprio il riconoscimento collettivo di un sistema di norme, e non l’abolizione e la negazione delle regole - come propongono il cristianesimo e il laicismo - che rende immediatamente riconoscibile un popolo. Ebraismo e islamismo entrambi e distintamente sono in possesso di un codice articolato. L’appartenenza al popolo equivale al rispetto delle regole. L’appartenenza al popolo equivale a riconoscere il fatto che la regola esiste, indipendentemente dalla sua osservanza su di sé.

Una interpretazione forzata dell’ebraismo verso il cristianesimo, il laicismo e la negazione delle regole collettive, dunque verso l’individualismo, è falsa.

Viene da chiedersi perché ci sono ebrei che prestano entusiastico ascolto a queste sterili dispute sullo scontro tra civiltà, se per mero opportunismo, per sciatteria, per insensatezza, per disattenzione, che si prestano alla manipolazione della memoria.

Tale sistema di pensiero prevede l’appiattimento dell’ebraismo comunitario su analisi e posizioni il cui vantaggio può esser solo la presenza sui media di qualche piccolo leader in carriera e l’ossequio al potente di turno.

E’ ora di smetterla e ricordare sempre che mentre ebrei e cristiani non hanno mai avuto e non hanno niente in comune, soprattutto i diritti umani, ebrei e mussulmani hanno in comune molti elementi interessanti, compreso le contraddizioni e i conflitti.

Non è l’appiattimento papalino che serve, ma un forte richiamo, anche unilaterale, al confronto culturale con l’Islam. E’ da questo confronto che possono nascere nuovi equilibri e spunti reali di discussione per dare un contributo alla riduzione del conflitto.

Gherush92 Comitato per i Diritti Umani
gherush92@gherush92.com


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