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NON DEVI MALEDIRE IL SORDO E NON PORRAI UN OSTACOLO DAVANTI AL CIECO

Giornata internazionale delle persone con disabilità

Data: 2022-12-03
Autore: Gherush92 Committee for Human Rights

Il 3 dicembre ricorrono la Giornata Internazionale e la Giornata Europea delle Persone con Disabilità che, con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, celebrano l’importanza del loro benessere e della loro partecipazione politica, sociale, economica e culturale nella società.

Ma purtroppo diritti, benessere e partecipazione sono una dichiarazione di intenti, un auspicio, una promessa.

Il recente Convegno Inclusione, lavoro e dopo di noi, promosso a Roma da Shirat Ha Yam Onlus, nell’ambito dei Progetti Sociali supportati dall’UCEI, dedicato al tema della disabilità nella società di oggi, ha evidenziato l’importante e variegato cammino intrapreso dalla società civile, una rete di associazioni che si impegna sul campo; non ha però mancato anche di sottolineare impedimenti e difficoltà di ogni ordine e grado di tipo medico-sanitario, logistico, amministrativo, economico, normativo, lavorativo, scolastico, formativo che gravano interamente sulle famiglie, mentre le istituzioni e la società sembrano incapaci di percepire ed accogliere la diversità più antica della storia, un buco nero, una zona d’ombra, legata prima di tutto ai diritti umani negati, alla discriminazione e al razzismo.

In occidente la discriminazione contro le persone con disabilità segue né più né meno le tragiche sorti del razzismo contro gli ebrei, i popoli indigeni, gli africani, i rom, le donne, gli omosessuali e deve essere intesa in un senso ampio perché attraversa ogni branca del sapere umanistico e scientifico, giuridico, filosofico, dell’arte, del linguaggio e si manifesta con specifiche forme di odio.

Se un filo nero unisce il razzismo contro le persone con disabilità, forme diverse di falsi pregiudizi convivono fino ad oggi: disabilità come bruttura da correggere o come mostruosità da sopprimere rispetto a canoni di bellezza ed armonia; disabilità come vergogna, colpa, peccato, infamia da nascondere; disabilità come menomazione, difetto, malattia da recludere che nasconde un approccio patetico e di paternalistica protezione; disabilità come canzonatura, intrattenimento, un fenomeno da baraccone, da schernire; disabilità come inferiorità da segregare, quella stessa pregiudizievolmente attribuita ad altri popoli dichiarati irragionevoli, primitivi e inferiori per natura; disabilità come forma di asocialità o pericolosità sociale fra alienati, lunatici, vagabondi, mendicanti e malnutriti, alcolisti, prostitute, una minaccia sociale da reprimere; disabilità come eresia da isolare e torturare; disabilità come intralcio, impedimento alla società del progresso e del benessere; disabilità come anello debole, destinato a soccombere, di un presunto evoluzionismo; disabilità come cavia per esperimenti genetici a servizio dell’”igiene razziale” e della “purificazione” della società; disabilità come onere economico per il mantenimento di vite ritenute “indegne” e “inidonee”, come scarto, sub-umanità da programmare e selezionare per l’eutanasia sociale.

Se per secoli la disabilità si misura dunque per difetto rispetto a modelli estetici, “verità” religiose, stereotipi culturali e convenzioni sociali, assumendo via via differenti connotati negativi, con la rivoluzione industriale diventa una questione sociale; i nuovi ideali di produttività ed efficienza ne segnano l’esclusione collettiva e l’istituzionalizzazione in ospedali, orfanotrofi, manicomi e carceri.

In questo contesto si diffonde l’evoluzionismo ottocentesco, considerato fra i fondamenti della scienza moderna, un filone di ricerche (elaborate da illustri biologi, medici, psichiatri, fisiologi, botanici, storici, economisti, filosofi, letterati) che introduce i concetti di specie umana “adatta” e non “adatta” e di pedigree umano e dà luogo all’eugenetica.

Definita come la scienza per il miglioramento della specie umana, lo scopo dell’eugenetica è impedire il presunto deterioramento genetico di una popolazione, favorirne e svilupparne le qualità innate e, giovandosi delle leggi dell’ereditarietà genetica, incoraggiare la riproduzione degli individui “migliori”, scoraggiare quella con forme di disabilità, fisica e mentale; è il substrato ideologico della teoria della razza superiore.

La "Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie" del 1933 in Germania stabilisce la sterilizzazione forzata per le persone affette da patologie psichiche e fisiche; la legge del 1935 su "La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco" vieta il matrimonio a cittadini definiti inabili, o sotto tutela o affetti da malattie ereditarie e introduce il certificato di idoneità al matrimonio. Il nazismo da inizio ad esperimenti scientifici, alla sterilizzazione coatta delle persone con disabilità psichiche, poi alla loro eliminazione, infine alla strage di bambini disabili tra il 1933 e la fine della Guerra.

Durante il fascismo in Italia, sulla base del principio giuridico della “pericolosità sociale” si costituisce un circuito, tra manicomi, manicomi criminali, carceri e confino, volto a reprimere forme di disordine e dissenso; l’ampia adesione all’ideologia fascista provoca un aumento dei ricoveri e della mortalità nei manicomi fino al consenso al trasferimento nei campi di sterminio.

Il razzismo contro le persone con disabilità insomma, proprio come l’antisemitismo, l’antiromanì, l’omofobia e il razzismo contro gli africani, i popoli indigeni ed altre categorie, non è nuovo in occidente. Fascismo e nazismo sono l'apice di un processo persecutorio di secoli che ha stabilito, sulla base di presunte verità religiose e scientifiche, le gerarchie dell’umanità, divisa fra superiori e inferiori, primitivi ed evoluti, civili e selvaggi.

Dopo la catastrofe del nazifascismo le leggi sono cambiate e molti passi avanti sono stati fatti, ma problemi e pregiudizi sussistono: si registrano frequenti episodi di discriminazione, violenza razzista e sessuale, bullismo specialmente fra i giovani. L'abilismo, cioè il razzismo contro i disabili, si traduce in barriere sociali, mentali e fisiche nei confronti dei “non abili” e si manifesta con attacchi fisici e verbali e un modo di vivere a misura delle persone “abili”. Il risultato è che le persone con disabilità continuano ad essere lontane, isolate, incomprese, spesso discriminate e percepite come un peso nella società.

La soluzione non è la repressione, né la falsa pietà. La soluzione è nella diversità, una risorsa per la vita.

Nell’ebraismo la diversità è fonte di stupore e meraviglia, mai motivo di pregiudizio; all’incontro di una persona con caratteri particolari o disabilità si recita “Benedetto tu, Signore Dio nostro re dell’universo, che ha fatto le creature diverse” (Mishnè Torà 10,12).

La disabilità è parte delle relazioni vitali.

È detto “facciamo l’uomo secondo la nostra immagine, simile a noi” (Bereshit 1,26) perché in ogni essere umano c’è il riflesso del Creatore “che vide tutto quello che aveva fatto ed ecco che era molto buono” (Bereshit 1,31).

Proprio le matriarche Sarah, Rebecca e Rachele, alle quali è affidata la discendenza, erano sterili e fra i patriarchi Isacco divenne cieco e Giacobbe zoppo e cieco. Mosè, al quale è dato il compito di trasmettere la legge, era balbuziente; di se stesso disse: “Io non sono un uomo che sa parlare, … perché io sono lento nella bocca e impacciato nella lingua. L’Eterno gli disse: Chi ha dato all’uomo la bocca? Oppure, chi rende una persona muta o sorda, vedente o cieca? Non sono forse io l’Eterno?" (Shemot 4,11).

Nella tradizione ebraica la disabilità (come la povertà, l’impurità, la malattia, l’essere donna o uomo, bambino o anziano) non è un attributo discriminante, ma una condizione, temporanea o permanente, che può implicare l’esenzione da alcuni obblighi e l’acquisizione di alcuni diritti, ma mai una discriminazione. Offendere, umiliare, discriminare, perseguitare è vietato.

Rabbì Peridà ripeteva ogni giorno la lezione per quattrocento volte ad un allievo che aveva bisogno di particolare attenzione (Talmud Bavlì, Eruvin 54b) e stessa attenzione darai tu al figlio che non sa fare le domande, come si legge ogni anno nell’haggadà di pesach.

È proprio la relazione disciplinata dalla legge, fra le persone, gli animali e il creato tutto, il centro della vita; è scritto “non ti isolare dalla collettività” (Pirkè Avot 2,4) e la mitzvà “Non devi maledire il sordo e non porrai un ostacolo davanti al cieco” (Vaikrà 19,14), che vieta di danneggiare e porre barriere fisiche, mentali e sociali, è uno dei fondamenti della convivenza civile che assicura a tutti diritti, benessere e partecipazione alla vita.

Noi auspichiamo un profondo cambiamento che metta al centro la diversità delle relazioni. In questo processo che vede Gherush92 fra i promotori, è fondamentale la scuola, in particolare la scuola ebraica.

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