L' Editto sopra gli ebrei

 Papa Pio VI in Roma

1775 -1793

 

Fra le Pastorali Sollecitudini. che tengono occupato l'Animo della Santità di Nostro Signore nel principio del suo Principato, quella ha il primo luogo, che tende a mantenere illibata ne' Fedeli la Cattolica Religione, e considerando perciò, che per allontanare dai medesimi il pericolo di sovversione, che loro può derivare dalla soverchia familiarità con gli Ebrei, è assolutamente necessaria l'esatta osservanza de' provvedimenti presi da' suoi gloriosi Predecessori, e particolarmente dalla san. mem. di Clemente XII con un Editto speciale pubblicato in quest'Alma Città di Roma li 2 Febbraio 1733. e dalla san. mem. di Benedetto XIV con altro simile Editto parimenti pubblicato in quest'Alma Città li 17 settembre 1751; Uditi sopra di ciò gl'Eminentissimi Signori Cardinali Inquisitori Generali, ha comandata la nuova pubblicazione del medesimo Editto, acciocchè sia puntualmente eseguito in qualunque luogo del suo Stato Pontificio.

I. Primieramente la Santità Sua inerendo alla Costituzione seconda d'Innocenzo IV, che comincia Impia Judaeorum, ordina e comanda, che gli Ebrei non possano in alcuna maniera ritenere presso di loro, nè leggere, comprare, scrivere, copiare, tradurre, vendere, donare, commutare, né in qualsivoglia altro modo alienare sotto qualunque pretesto. titolo, o colore, libro veruno, o codici empj, Talmudisti, o altre volte condannati, superstiziosi, Cabalisti, o che contengono errori contro la Sagra Scrittura, o Testamento vecchio, ovvero qualche ingiuria, empietà, e bestemmia contro i Sagrosanti misteri della Fede Cristiana, specialmente della Santissima Trinità, di Nostro Signore Gesù Cristo, di Maria sempre Vergine, o de' Santi, nè verun altro Libro de' proibiti dalla san. mem. di Giulio III nella Costituzione 24, che principia Cum sicut. in data li 29 Maggio 1554, e della san. mem, di Clemente VIII nella sua Costituzione Cum Hebraeorum emanata sotto il di 28 di Febbraio 1593 o in altre Costituzioni, e Decreti Apostolici; o siano tali Libri composti in Lingua Ebraica, oppure in altro Idioma. sotto la pena della perdita de' medesimi Libri, della Confiscazione de' Beni, ed altre corporali, e gravissime ad arbitrio in caso di ciascheduna contravvenzione a tenore del Decreto della Sacra Congregazione del S. Offizio, pubblicato il 12 Settembre 1553, ed a tali pene intende la Santità Sua, che rimangano sottoposti, anche quei Rabbini, e Fattori degl' Ebrei, i quali ritenessero detti libri nelle loro Librerie, o in altro luogo ad uso pubblico, o privato.

II. Che non ardiscano gli Ebrei, né veruno di essi esporre, spiegare, o insegnare gli errori de' suddetti Libri, sia in pubblico, che in privato, e tanto dentro le Scuole, che fuori di esse a qualsiasi Persone Cristiana Ebrea, o di qualsivoglia altra Religione sotto le medesime pene della perdita de' Libri, della Confiscazione de' Beni, e di altre corporali, e gravissime ad arbitrio.

III. Che nessuno Stampatore, Libraio, o Mercante Cristiano, come ancora niun'altra persona di qualsiasi stato, grado, e condizione, possa prestare opera e consiglio agli Ebrei, per far loro avere detti Libri, e nemmeno per farli scrivere, stampare, portare, o tradurre, come neppure per impetrar loro la permissione di leggerli, o di averli non solo sotto le stesse pene delle perdita de' Libri, della confiscazione de' Beni, e di altre corporali gravissime in conformità del sovraccitato Decreto della Sagra Congregazione del S. Offizio, pubblicato li 12 Settembre 1553. ma anche sotto la pena della Scomunica al Sommo Pontefice riservata, da incorrersi subito senz'altra dichiarazione.

IV. Che gli Ebrei non possano comprare, o ricevere alcun Libro in lingua Ebraica, nè dall'Ebraica in altro Idioma trasportato o da' Cristiani, o dagli Ebrei stessi, o da veruno altro mandato, o portato, se prima, quanto alla Città di Roma non laveranno esibito al Padre Maestro del Sagro Palazzo Apostolico, e quanto agli altri luoghi, o Città dello Stato, a Vescovi, o Inquisitori locali, acciocchè riconoscano, se a tenore delle presenti Ordinazioni, e delle riferite Costituzioni Apostoliche, debba loro permettersi di riceverlo o ritenerlo, e tutto ciò sotto le pene di scudi cento, e di sette anni di Carcere in ogni caso di Contravenzione, e ritrovandosi alcun Libro continente qualche cosa contraria alle mentovate Bolle, e Decreti Apostolici, ed in particolare alla suddetta Bolla di Clemente VIII, non si restituisca agli Ebrei, ma trasmettasi al Tribunale del S. Offizio, e così parimente si pratichi trovandosi qualsiasi altro Libro proibito agli Ebrei.

V. Che gli Ebrei non possano estrarre, e rispettivamente introdurre Libri nelle Dogane senza la Licenza del Padre Maestro del Sacro Palazzo per la Città di Roma, e de' Vescovi, o Inquisitori locali quanto alle altre Città, o Luoghi dello Stato Pontificio, sotto pena della perdita dei Libri medesimi, di scudi cento, e di sette anni di Carcere, e a tali pene sottoposti anche i Cristiani Ministri delle Dogane, che coopereranno all'estrazione, o introduzione de' suddetti Libri, siccome ogni altro, che presterà in ciò ajuto. e consiglio.

VI. A tale oggetto s'incarica così al Padre Maestro del Sagro Palazzo come anche a tutti i Vescovi, ed Inquisitori predetti il peso d'impiegare ogni attenzione, e diligenza, acciocchè non sia estratto, o introdotto al cun Libro spettante agli Ebrei, massimamente in lingua Ebraica, senza la di loro espressa licenza, e di visitare le Dogane, ed i Legni, che debbono scaricare i Libri ne Porti.

VII. Si proibisce a qualunque Cristiano e particolarmente a' Ministri della Dogana, a' Corrieri, a' Postieri, a'Vetturali, ed ao Condittieri di qualsiasi sorte per Terra, o pre Acqua di non consegnare alcun Libro agli Ebrei, senza la precedente Licenza del P.Maestro de Sagro Palazzo quanto alla Città di Roma, e fuori di essa de' Vescovi. o Inquisitori Locali, a' quali perciò debbano dare, giunti che siano, avviso, e nota di ciaschedun Libro sotto pena di scomunica riservata come sopra, da incorrersi ipso facto, e sotto altre pene pecuniarie, e corporali ad arbitrio, alle qua li s'intendono sottoposti ancora coloro, a' quali fosse diretto alcuno de predetti Libri, che poi non venisse manifestato, come sopra si è detto.

VIII. A tenore della mentovata bolla di Clemente VIII si vieta, e si proibisce a qualsiasi persona di qualunque grado, stato, e condizione riferita in detta Bolla, che qui si abbia per espressa, di concedere- alcun Indulto licenza o facoltà contraria alla Disposizioni della medesima Bolla, ed in caso, che sia già stata conceduta, si dichiara nulla, e di niun valore, in forma tale, che gli Ebrei soggiacciano alla pena, come- se non l'avessero mai ottenuta, né impetrata.

IX. Che gli Ebrei non facciano, né compongano, ne insegnino fattucchierie, incantesimi, augurj, sortilegi, insalmazioni, o altri Atti, che importino superstizioni, per venire in cognizione delle cose occulte, o future, tanto ai Cristiani, che agli Ebrei stessi, sotto pena di Scudi Cento, della Frusta, e della Galera in vita secondo le circostanze de' Delitti, in conformità di quanto viene ordinato nella Costituzione- 70 della san. mem. di Gregorio XIII, che comincia Antiqua Judaeorurm, e le medesime pene s'incorrano ancora dai Cristiani, che imparassero dagli Ebrei i sopradetti Atti superstiziosi, o che ad essi ricorressero per rintracciare scioccamente le cose occulte, o future.

X. Si proibisce a qualsiasi Argentiere- Cristiano di formare- per uso degli Ebrei alcuni Amuleti, o Brevetti, che sogliono gli Ebrei suddetti mettere addosso ai loro Bambini, per preservarli dalle infestazioni delle Streghe, o da altri maleficj e specialmente quelli, che hanno la figura di andorla di Nocchia, e ne' quali vi è impresso da una parte il nodo di Salomone e dall'altra il Calendario con sette Lucerne, o altri simili vani Geroglifici, perché essendo quasi superstiziosamente interpretati dagli Ebrei, non è convenevole che gli Artefici Cristiani in alcuna maniera vi concorrano, e ciò sotto pena agl'Argentieri di scudi venticinque.

XI. Che gli Ebrei, anche secondo i Decreti degli 8 e 23 Ottobre 1625, non possino apporre, o far apporre nei loro Sepolcri lapide, o iscrizione veruna, e perciò s'intende in avvenire proibito ad ognuno di conceder licenza di apporre tali lapidi, o iscrizioni sotto pena della demolizione de Sepolcri di scudi centro di Carcere e di altre maggiori ad arbitrio.

XII. Che gli Ebrei nel trasportare i Cadaveri non usino alcun Rito, cerimonia, o pompa funebre, e semplicemente si astengono dal salmeggiare e portare Torce, e lumi accesi per la strada sotto pena di scudi cento della perdita della Cera e sotto altre pene corporali ad arbitrio, alle quali soggiaceranno i Fattori, ed i Parenti più prossimi del Defunto, ma solamente sia loro permesso di accendere lumi, e di usare i soliti loro Riti, e pompa funebre, tanto nella Sinagoga, quanto nel luogo della Sepoltura, purchè in alcuno dei predetti luoghi non sia presente alcun Cristiano di qualunque sesso, e condizione, sotto le pene predette da incorrersi tanto da Fattori, o altri Ebrei, che permetteranno l'accesso a' Cristiani, quanto dai Cristiani, che interverranno a questa cerimonia, o Rito degli Ebrei.

XIII. Che a tenore di quanto viene prescritto così dal Guis Civile nella Leg. Fin. Cod. de Judaeis, come dal Gius Canonico nel cap. Judaei 3, e Consuluit 7 de Judaeis, et Saracenis, e dalle Costituzoni della san. Men. Di Paolo IV Cum nimis:3, di S.Pio Vromanus Pontifex:6, e di Clementino VIII Caeca, et obdurata:9, oltre alle Sinagoghe, che colle dovute facoltà degli Ebrei frequentemente si tengono, non se ne possa crescere altro dentro Ghetti, né quelle ornare, o ampliare in modo alcuno, e molto meno tenerne altre fuori de' Ghetti, sotto pena di scudi cento, di Carcere, e di altre gravissime pene.

XIV. Che non possa alcun Ebreo di qualsiasi sesso, stato, e condizione andare, né accostarsi per lo spazio di trenta Canne alle Case de' Catecumeni, né al Monastero della SS.ma Annunziata in Roma, né per sé, né per interposta persona sotto la pena di scudi trecento, della Galera e di altre Corporali ad arbitrio.

XV. Che non possa alcun Ebreo sotto qualsiasi pretesto ritenere nella proprio Casa, Abitazione, o Bottega alcun Neofito, o Catecumeno, tanto maschio che femmina, benchè fosse in grado di consanguinità, o affinità congiunto, e molto possa mangiare, bere, dormire con veruno di essi. né dentro, nè fuori de' Ghetti, nè in alcun altro luogo, né lavorare con alcuno di loro, nè starvi per lavorante, nè praticarvi, nè conservarvi per qualsiasi occasione, sotto le pene di scudi cinquanta, e di tre tratti di corda in pubblico.

XVI. In caso che gli Ebrei non solo inducano. ma tentino ancora d'indurre con parola, o promesse, o in qualunque altro modo, tanto direttamente. che indirettamente da per sé. o per mezzo di altri i Neofiti. o Catecumeni o qualsiasi altra Persona a giudaizzare. incorrono subito nella pena del Carcere, della Confiscazione de' Beni, ed in altre imposte dalle Costituzioni Apostoliche di Clemente IV la 14.. di Gregorio X la 3.. di Niccolò IV la 4.. quali tutte incominciano Turbato corde, e di Gregorio XI Admodum la 2.

XVII. Se alcun Ebreo di qualunque sesso ardirà dissuadere. o impedire in qualsiasi modo la conversione alla Santa Fede di qualche Ebreo, o Catecumeno, o di fargliela anche per brevissimo tempo differire, incorra subito nella pena della Galera, e nella confiscazione di tutti i beni, ed in altre arbitrarie secondo ciò che viene proscritto nelle dette Costituzioni di Clemente IV, Gregorio X e Niccolò IV, che tutte principiano Turbato corde, con espressa dichiarazione, che debbano alle medesime pene soccombere quelli, che presteranno in ciò aiuto, opera, consiglio, o favore. Le Donne poi Ebree invece della Galera. incorreranno nella pena della frusta, e dell'Esilio, ed in altre più gravi ad arbitrio. secondo le circostanze del delitto.

XVIII. Che più d'ogni altro siano tenuti all'osservanza delle sopradette cose i fattori degli Ebrei, e specialmente ad invigilare. che non venga trafugato, occultato. o pervertito alcun Catecumeno Ebreo dell'uno, e dell'altro sesso, che abbia mostrato. mostri, o sia per mostrare volontà, o inclinazione di farsi Cristiano, come pure che non venga trafugato, o occultato alcun Ebreo, che dovesse trasportarsi alla Casa de' Catecumeni a tenore de' Decreti Pontificii. e particolarmente di quello della san. mem. di Benedetto XIII de' 16 Agosto 1724. nemmeno col pretesto, che non vi concorra il consenso de' loro Genitori, e Parenti, e seguendo alcuno di detti casi. siano tenuti i Fattori a farlo riportare, o ricondurre; altrimenti siano multati con la gravatoria continua fino a che non resti effettuata la restituzione. o ritorno della Persona Trafugata, o nascosta, o pervertita, ed inoltre soggiacciano alle pene pecuniarie di carcere, o di altre gravissime ad arbitrio.

XIX. Quando sia offerto alla Chiesa qualche Ebreo per essere Battezzato, non possono gli Ebrei in alcun modo molestare, o fare veruna ingiuria tanto all'Oblatore. che all'Oblato, particolarmente quando staranno in Ghetto. sotto gravissime pene pecuniarie, o corporali ad arbitrio, e sia cura di Monsignor Viceregente in Roma, e fuori di essa de' Vescovi, o Inquisitori locali, subito che averanno notizia, o almeno qualche probabile congettura. dell'offerta, procurare con tutta sollecitudine che l'Offerente. e l'Offerto non rimangano presso gli Ebrei.

XX. Che in esecuzione della bolla di Paolo IV, che principia Cum nimis. rinovata da 5. Pio V, nella Costituzione Romanus Pontifexata in Roma li 20 Maggio l566. debbano gli Ebrei dell'uno e dell'altro sesso portare il segno di color giallo, per cui vengano distinti dagl'altri, e debbano sempre portarlo in ogni tempo. e luogo, tanto dentro i Ghetti, quanto fuori di essi. e tanto in Roma. e ne' luoghi abitati quanto fuori. cioè. gli Uomini debbano portarlo sopra il Cappello ben cucito sopra, e sotto la falda, senz'alcun velo, o fascia, se non in caso che fosse dell'istesso colore, e le Donne lo debbano portare in capo scopertamente, senza mettervi sopra il Fazzoletto, o altra cosa con cui venga nascosto, sotto pena agli uni. e alle altre di scudi cinquanta per ciascheduna volta. e di altre ad arbitrio, e a tale oggetto si ordina agli Ebrei sotto le stesse pene, che non portino altro Cappello che quello proprio col segno giallo. a riserva però de'Cappelli da vendersi, quali debbono portare scopertamente in mano, e non in capo. Si permette però. che gli Ebrei. così Uomini che Donne possano andare senza il predetto segno. quando> saranno in attuai viaggio, purchè non si trattengano più di un giorno in alcun luogo. e trattenendosi in esso oltre il tempo predetto siano>, e sintendano obbligati a portarlo sotto le pene dette di sopra.

XXI. D'ordine speciale di Nostro Signore si fa noto, che in avvenire non si attenderà più alcuna licenza di qualunque Tribunale, o Persona di qualsivoglia dignità, grado, officio. o preeminenza. quantunque fosse Presidente, anche d'Avignone, Vescovo, Maggiordomo del Sag. Palazzo Apostolico. Cardinal Legato. o Camerlengo di S.Chiesa sopra ciò conceduta. O da concedersi agli Ebrei conforme al disposto della suddetta Bolla di Paolo IV sotto pena della nullità di detta licenza, e però gli Ebrei siano sottoposti a tutte le pene, come se ottenuta non l'avessero, e se alcun Ministro subalterno ardisse di concedere ancora in voce tale licenze di non portare il segno. sia punito) ad arbitrio, e rimanga subito privo della sua carica. o Officio. proibendo agli Esecutori l'attenderle sotto le pene imposte ai Trasgressori.

XXII. Non possano gli Ebrei distribuire, donare, o> vendere a Cristiani Carni di alcuna sorte da loro ammazzate. o fatte ammazzare, sotto pena di scudi cento. o di carcere ad arbitrio>, ed all'incontro non possano i Cristiani riceverle né comprarle sotto la pena di scudi venti. e di carcere. parimenti ad arbitrio. Non possano parimenti gli Ebrei distribuire, donare, o vendere ai Cristiani il Pane Azzimo, volgarmente detto Azzimelle, sotto la pena di scudi cinquanta, e per lo contrario i Cristiani non possono sotto la stessa pena riceverlo.

XXIV. Essendo giunto a notizia, che non contentandosi gli Ebrei di -comprare da' Cristiani il latte per il loro particolare uso, o servizio, ne comprino in quantità molto maggiore del bisogno per venderlo o farne ti. traffico, o negozio con i Cristiani, perciò si proibisce sotto le stesse pene agli Ebrei di comprare latte più di quello, che comporti il loro bisogno, e St di donarlo, venderlo, o alienarlo in qualsiasi modo ai Cristiani. benchè fosse convertito in Cacio. o in altra sorte di latticini, e finalmente a Cristiani di riceverlo sotto le medesime pene.

XXV. Non sia in verun modo permesso agli Ebrei di ricevere, comprare, vendere, o contrattare sotto qualsiasi pretesto. o colore tanto da loro stessi, quanto per mezzo di altri, Agnus Dei, o Reliquie de' Santi. né coll'ornamento, nè senza, come neppur Croci. Calici, Quadri, Figure. o Immagini di Nostro Signore Gesù Cristo, della Beatissima Vergine, o de' Santi, né Offizioli, Breviari, Messali, Tovaglie, o Paramenti da Altare,E verun'altra cosa spettante al culto Divino, e nemmeno Libri. benché profani, ne' quali vi siano Immagini Sagre, con tutto che dette cose fossero rotte, o lacere, o volessero servirsene solo per bruciarle, e caverne oro e argento, sotto pena di scudi dugento, e della ed Cristiani che vendessero alcune delle suddette cose agli Ebrei, incorrano nella pena di scudi dugento solamente.

XXVI. Che non possano gli Ebrei far da per loro, o per mezzo di altri alcun traffico, Negozio, banco o Società co' Neofiti. o Catecumeni. sotto pena di nullità del Contratto, e di scudi Cinquanta. di tre tratti di corda in pubblico, e di altre ad arbitrio.

XXVII. Che a tenore della Costituzione 6 di S.Pio V, e del Decreto di Alessandro VII del 10 Luglio 1659, non possano tenere Botteghe, Fondachi, Magazzeni, o Rimesse fuori del Ghetto, e solo nel caso di preciso bisogno, o necessità possano i Vescovi locali concedere loro le opportune licenze, per i luoghi però non molto lontani, ma non già nelle Pazze pubbliche, e colle Clausole, che non possano ivi pernottare, nètener congressico' Cristiani, né cogli Ebrei medesimi, ma solamente attendere loro sotto la pena di scudi cinquanta e di altre corporali ad arbitrio, e della provazione perpetua di detti Magazzeni, Bottehge, Fondachi, e Rimesse.

XXVIII. Che gli Ebrei non possano invitare, o molto meno introdurre Cristiani nelle loro Sinagoghe, o pre lo contrario a' Cristiani non sia ai lecito entrarvi, sotto la pena sì agli uni che agli altri di scudi cinquanta.

XXIX. Che in sequela di quanto si prescrive nella Leg. ult. Cod. de Judaeis nelli cap. 16 e 18. cod. tit., e nel Decreto della san. mem. di Benedetto XIV de' 26 Agosto 1745. non possano gl' Ebrei né in loro nome. né sotto quello di qualche Cristiano, o di altra Persona tenere o fare Appalti. Affitti. o Società tanto pubblica, che privata de' Beni di qualsiasi sorta. spettanti a chi che sia, quantunque alla Rev. Camera Apostolica. nè prestare il nome, o far sicurtà, o avere alcuna, benché minima partecipazione sotto pena delle perdite di quella quantità medesima. che sarà convenuta nell'Affitto, o Appalto da incorrersi ipso facto. della nullità di simili contratti. ed altre pene ad aibitrio, e perciò si ordina a' Cristiani da qui avanti di astenersi dal contrattare in simili materie cogli Ebrei, sotto le medesime pene di sopra espresse.

XXX. Che in conformità di ciò che viene ordinato nel Cap. Ad hoc &. e nel Cap et si Judaeos 13. de Judaeis. e nella Costituzione seconda della san. mem. d'innocenzo IV, e nella terza della san. mem. di Paolo IV, gli Ebrei non possano prevalersi di Mammane. e Balie Cristiane sotto pena di scudi cento. e di Carcere ad arbitrio, e che altresì le Donne Cristiane non possano servire di Mammana. o di Balia gli Ebrei sotto pena per la prima volta di scudi cinquanta, e la seconda anche della faista. alle quali pene siani tenuti i Mariti tento Cristiani, che Ebrei per le loro Consorti.

XXXI. Che ha tenore di quanto si prescrive nella Leg. Unica Cod. Ne Christianum Mancipium Haereticus. vei judaeus. vei Paganus habeat. e ne' Cap. 2. 5. 8. e 15 de Judaeis. siccome ancora nella citata Costituzione seconda d'innocenzo IV. nella terza di Paolo IV § 4. ne' Decreti della Sag. Congregazione de' 14 Febbraio 1606. e de' 15 Marzo e 17 Maggio 1612. 12 Ottobre 1627. e 20 Giugno 1652. gli Ebrei non possano tenere Servitori. o Serve Cristiane, nè farsi servire, anche peébrevissimo momento di tempo dagli uni, o dalle altre. né a pulire il Ghetto. né ad accendere il Fuoco, nè a farsi lavare i panni. nè a farsi prestare qualunque opera servile sotto pena di scudi venticinque, ed altre corporali ad arbitrio, e perciò s'ingiunge a Padri di Famiglia. Tutori, o Curatori Cristiani di proibire a' Figlioli, ed a' Fanciulli posti sotto la loro direzione di prestare agli Ebrei tali servigii. altrimente si procederà contro di loro alle pene arbitrarie.

XXXII. Che secondo le proibizioni contenute nella Bolla della san. mem. di Paolo IV la 3', e nella 6. di 5. Pio V. e nella 19. della san. mem. di Clemente VIII. che incomincia Caeca & obdurata, gli Ebrei non giuochino, nè mangino, nè bevano nè abbiano altra familiarità, o conversazione con i Cristiani, nè questi con essi tanto ne' Palazzi. Case. o Vigne. che nelle Strade. Ostarie. Bettole. Botteghe. o altrove, e gli Osti, Bettolieri. e Bottega i non permettano la conversazione tra Cristiani, ed Ebrei, sotto pena agli Ebrei di scudi dieci e del Carcere ad arbitrio, ed a' Cristiani di scudi dieci e di altre corporali ad arbitrio.

XXXIII. Non ardiscano gli Ebrei di lavorare in Ghetto, a tenore ancora della Costituzione 3. di Paolo IV al §. 5 ne' giorni festivi di precetto commandati dalla Chiesa, se non a porte chiuse. ed in niuna maniera fuori di Ghetto, nemmeno nelle case de' Cristiani di qualsiasi stato, grado. e condizione, sotto la pena di scudi cinquanta, e di tre tratti di corda ad arbitrio, e alla medesima pena di scudi cinquanta siano sottoposti i Cristiani, che permetteranno in tali giorni agli Ebrei il lavorare nelle Loro case in-caricando li Confessori di seriamente ammonire, e riprendere i Penitenti, che ardissero permetterlo, per lo grave scandalo, che da ciò ne deriva.

XXXIV. Gli Ebrei di qualsivoglia sesso, ed età non possono andare in Carrozza. né in Calesse per Roma. né fuori sotto pena di scudi cento, e di Carcere e di altre corporali ad arbitrio, ma solamente in caso di viaggio sia loro permesso di andare a cavallo, o in Calesse, e non altrimenti.

XXXV. Non possa alcun Ebreo, o Cristiano servire di Cocchiere, o di Vetturino agli Ebrei, fuorchè in caso come sopra di viaggio, sotto pena di scudi cinquanta, e di tre tratti di corda, e sotto le medesime pene non possa alcun Cristiano prestare, dare a vettura, o fare accomodare Carrozze o Cocchj agli Ebrei dell'uno, o dell'altro Sesso, e moltu meno condurli seco in Carrozza, o Cocchj.

XXXVI. Non possa alcun Ebreo pernottare fuori del Ghetto, e perciò debba ciascuno ritirarsi in Ghetto verso l'un'ora di notte, e la mattina non possa uscire prima del giorno sotto pena di scudi cinquanta, e di tre tratti di corda in pubblico agli Uomini, e della faista alle Donne, e perciò sia incombenza de' Portinari il non fargli entrare, o uscre dal Ghetto. se non nelle ore stabilite, e di non introdurvi i Cristiani nel tempo, che gli Ebrei sono rachiusi. Ed inoltre comandiamo allUniversità degli Ebrei, che paghino ai Portinari l'intiera provisione senza veruna diminuzione, non volendo che eglino siano tenuti a contribuirne parte veruna a chi che sia per qualsivoglia titolo, ragione. o causa. Si guardino però li Portinari di prendere alcuna mancia, o ricognizione dall'Università, o dagli Ebrei in particolare, a riserva delle mancie solite darsi ne' tempi propri sotto pena di scudi cinquanta, di carcere ad arbitrio, e della privazione dell'Uffizio.

XXXVII. Gli Ebrei dell'uno e dell'altro sesso non possano abitare fuori del Ghetto, e star nelle Ville, Terre. Castelli. Tenute. Procoj. o altrove per qualunque pretesto. ancora per quello della necessità di mutar aria. e quando gli occorrerà di andar fuori, e starvi ancora per un sol giorno. procurino, secondo il Decreto della Sagra Congregazione de' 19 Maggio 1?51. in conferma di altro consimile di Alessandro VII de' 6 Settembre 1661. ottenerne l'opportuna licenza in iscritto, in cui oltre le altre cose si dovranno esprimere il nome, cognome. ed origine dell'Ebreo, la cagione legittima per cui è stata conceduta. il tempo che dovrà durare colle clausole. che debbano gli Ebrei portare il segno al Cappello. come si è detto di sopra al Cap. 20. che non coabitino co' Cristiani. ne conversino familiarmente co' medesimi. e che ritornati restituiscano al Tribunale, onde laveranno conseguita. la licenza ottenuta sotto le pene dì scudi trecento. di Carcere. ed altre arbitrarie in caso di ciascheduna contravenzione.

XXXVIII. In caso che gli Ebrei vogliano andare alle Fiere. siano pari-mente obbligati ottenere la licenza in scriptis o dal Vescovo. o dall'inquisitore. o Vicario locale senza emolumento veruno. e tre giorni dopo terminate le medesime a tenore del Decreto de' 21 Giugno 1747 debbano immediatamente partire. senza che o dal Vescovo, o Inquisitore, o Vicario locale predetti possa concedersi loro ulterior dilazione. Questa licenza però non dovrà suffragargli. se subito giunti gli Ebrei al luogo destinato non la presenteranno al 'vescovo, inquisitore, o loro Vicarj, o se questi per gravi e giuste cause crederanno di non doverla attendere. o di doverla restringere. e limitare nel tempo. come da altro Decreto de' 17 Febbrajo i 1751 1. Ritornati poi che saranno. dovrà da loro restituirsi subito la licenza al Tribunale, onde l'avranno avuta e tutto ciò sotto le pene della perdita delle loro robbe. del Carcere. ed altre ad arbitrio,

XXXIX. Non sia permesso agli Ebrei entrare ne' Parlatori de' Monasteri di Monache. né de' Conservatorj. né parlare con alcuna Persona in tali luoghi esistente. e nemmeno entrare nelle Chiese Oratorj sagri. e Spedali sotto la pena di scudi cinquanta. di tre tratti di corda in pubblico agli Uomini, e della frusta alle Donne.

XL. Si avvertono i Superiori delle Case. e Monasteri de' Regolari, e de' Collegj e de' Luoghi Pii de' Secolari, che in caso abbiano qualche volta bisogno di prevalersi degli Ebrei per uso delle stracciarie. non permetta-no a questi l'ingresso nelle Chiese. e negli Oratori. e non gli lascino conversare con Giovani, ma solamente con Persone avanzate in età. e che possono dar loro buon esempio. ed insegnamento a ravedersi. altrimenti sappiano. che ne renderanno stretto conto al Signore, ed alla Sagra Congregazione del 5. Offizio.

XLI. Gli Ebrei. quantunque Rabbini. non possano vestire abito consimile a quello degli Ecclesiastici, e particolarmente non usino Collare tondo. o alla Francese. solito usarsi dagli Ecclesiastici di quella Nazione. ma vestano in abito affatto Secolaresco, con il Collare grande, e scoperto, sotto pena a' Trasgressori di scudi dieci la prima volta. di venti la seconda, e poi in caso di ulteriore contumacia, di carcere. ed altre ad arbitrio.

XLII. Nelle sopra riferite ordinazioni, e pene siano compresi anche gli Ebrei Forastieri sì dell'uno, che dell'altro Sesso per il tempo che dimoreranno in Roma, ed in tutto Io stato Ecclesiastico, ed essi parimente debbano per detto tempo abitare entro il Ghetto sotto le pene di scudi cento, di Carcere, ed altre Corporali anche gravi ad arbitrio.

XLIII. Essendo la Predica il mezzo più possente, e più efficace per ottenere la conversione degli Ebrei, come si raccoglie dalla Costituzione prima della san. mcm. di Niccolò III. che incomincia Vineam Soreth, e della Costituzione 92 di Gregorio XIII, che incomincia Sancta Mater Ecclesia. ordiniamo a Rabbini, che ponghino ogni loro cura, e diligenza nel fare intervenire alla Predica, che si fa nel Sabbato, o in altro giorno della Settimana quel numero di Uomini, e Donne, che secondo la diversità de' Ghetti sarà stato o verrà prefisso a tenore della Citata Costituzione 92 della san. mem. di Gregorio XIII del Decreto della Santità Sua de' 26 Agosto 1745. e della lettera circolare del 29 Aprile 1749, e trascurando i medesLmi di fare la descrizione delle Persone nel numero come sopra stabilito, o da stabilirsi, incorrano nella pena di scudi cinquanta per ciascheduna volta. siccome mancando di intervenire alla Predica alcuna delle Persone descritte, incorra nella pena di due giuli per ciascheduna volta.

XLIV. Ha per ultimo la Santità Sua dichiarato. e comandato, che per l'effettiva esecuzione di tutte le soprariferite Ordinazioni si procederà contro i Trasgressori anche cx Officio, & per Inquisitionem. E che affisso il presente Editto ne' luoghi soliti, e consueti, e di più nelle Scuole de' Ghetti a maggior loro notizia (ove debbasi sempre affisso ritenere sotto la pena di scudi cento da pagarsi dalle Università in caso di ciascheduna contravenzione. e sotto altre pene ad arbitrio) obblighi tutti, e ciascheduno. come se fosse stato ad ognuno personalmente intimato, e notificato. Dato dal Palazzo della 5. Rom. ed Univers. inqisizione questo dì 5 Aprile 1775.

Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino

Assemblea Nazionale Costituente

Parigi 1789 - 1791

I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri; affinché maggior rispetto ritraggano gli atti del potere legislativo e quelli del potere esecutivo dal poter essere in ogni istanza paragonati con il fine di ogni istituzione politica; affinché i reclami dei cittadini, fondati da ora innanzi su dei principi semplici ed incontestabili, abbiano sempre per risultato il mantenimento della Costituzione e la felicità di tutti. In conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino:

 

Art. 1. Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.

 

Art. 2. Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.

 

Art. 3. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o individuo può esercitare un’autorità che non emani direttamente da essa.

 

Art. 4. La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri; così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti possono essere determinati solo dalla legge.

 

Art. 5. La legge ha il diritto di vietare solo le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è vietato dalla legge non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.

 

Art. 6. La legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere, personalmente o mediante i loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini essendo uguali ai suoi occhi sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici secondo le loro capacità, e senza altra distinzione che quella della loro virtù e dei loro talenti.

 

Art. 7. Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto se non nei casi determinati dalla legge, e secondo le forme da essa prescritte. Quelli che procurano, spediscono, eseguono o fanno eseguire degli ordini arbitrari, devono essere puniti; ma ogni cittadino citato o tratto in arresto, in virtù della legge, deve obbedire immediatamente; opponendo resistenza si rende colpevole.

 

Art. 8. La legge deve stabilire solo pene strettamente ed evidentemente necessarie e nessuno può essere punito se non in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e legalmente applicata.

 

Art. 9. Presumendosi innocente ogni uomo sino a quando non sia stato colpevole, se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla legge.

 

Art.10. Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge.

 

Art.11. La libera comunicativa dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge.

 

Art.12. La garanzia dei diritti dell’uomo e del cittadino ha bisogno di una forza pubblica; questa forza è dunque istituita per il vantaggio di tutti e non per l’utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata.

 

Art.13. Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese di amministrazione, è indispensabile un contributo comune: esso deve essere ugualmente ripartito fra tutti i cittadini, in ragione delle loro sostanze.

 

Art.14. Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità del contributo pubblico, di approvarlo liberamente, di controllarne l’impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione e la durata.

 

Art.15. La società ha il diritto di chieder conto ad ogni agente pubblico della sua amministrazione.

 

Art.16. Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha costituzione.

 

Art.17. La proprietà essendo un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, salvo quando la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in maniera evidente, e previa una giusta indennità.

 

Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina

Parigi 1791

Preambolo
Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, domandano di costituirsi in assemblea nazionale. Considerando che l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le sole cause delle sventure pubbliche della corruzione dei governi,esse si sono risolte a esporre in una solenne dichiarazione i diritti naturali inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi incessantemente i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo in ogni istante essere confrontati con il fine di ogni istituzione politica, ne siano più rispettati, affinché i reclami delle cittadine fondati ormai su principi semplici e incontestabili, siano sempre rivolti al mantenimento della costituzione, dei buoni costumi e alla felicità di tutti. Di conseguenza, il sesso superiore in bellezza e in coraggio, nelle sofferenze materne riconosce e dichiara in presenza e con gli auspici dell'Essere supremo, i Diritti seguenti della Donna e della Cittadina:


Articolo 1
La Donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'interesse comune.


Articolo 2
Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell'Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e soprattutto la resistenza alla oppressione.


Articolo 3
Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, che l'unione della Donna e dell'Uomo: nessun organo, nessun individuo può esercitare autorità che non provenga espressamente da loro.


Articolo 4
La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto ciò che appartiene ad altri; così l'unico limite all'esercizio dei diritti naturali della donna, la perpetua tirannia dell'uomo cioè, fa riformato dalle leggi della natura e della ragione.


Articolo 5
Le leggi della natura e della ragione proibiscono tutte le azioni nocive alla società: tutto ciò che non è proibito dalle leggi sagge e divine, non può essere impedito e nessuno può essere costretto a fare ciò che esse non ordinano.


Articolo 6
La legge deve essere l'espressione della volontà generale;tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente o con i loro rappresentanti alla sua formazione; essa deve essere uguale per tutti. Tutte le cittadine e tutti i cittadini essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammessi a tutte le dignità posti e impieghi pubblici, secondo le loro capacità e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti.


Articolo 7
Non ne è esclusa nessuna donna; essa è accusata, arrestata e detenuta nei casi stabiliti dalla Legge. Le donne obbediscono come gli uomini a questa Legge rigorosa.


Articolo 8
La legge deve stabilire solo pene strettamente e evidentemente necessarie e nessuno può essere punito se non in virtù di una Legge stabilita e prolungata anteriormente al delitto e legalmente applicata alle donne.


Articolo 9
Su ogni donna dichiarata colpevole la Legge esercita tutto il rigore.


Articolo 10
Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni anche di principio, la donna ha il diritto di salire sul patibolo, essa deve avere pure quello di salire sul podio sempre che le sue manifestazioni non turbino l'ordine pubblico stabilito dalla Legge.


Articolo 11
La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna poiché queste libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni cittadino può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio vostro, senza che un pregiudizio barbaro la forzi a nascondere la verità salvo a rispondere dell' abuso di questa libertà dei casi stabiliti dalla Legge.


Articolo 12
E' necessario garantire maggiormente i diritti della donna e della cittadina; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti e non solo di quelle cui è affidata.


Articolo 13
Per il mantenimento della forza pubblica e per le spese di amministrazione, i contributi della donna e dell' uomo sono uguali; essa partecipa a tutti i lavori ingrati a tutte le fatiche, deve quindi partecipare anche alla distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche, delle dignità e dell' industria.


Articolo 14
Le Cittadine e i Cittadini hanno il diritto di constatare da sé o tramite i loro rappresentanti, la necessità del contributo.Le Cittadine possono aderirvi soltanto con l' ammissione di un' uguale divisione, non solo nella fortuna, ma anche nell' amministrazione pubblica e determinare la quantità, l' imponibile, la riscossione e la durata dell' imposta.


Articolo 15
La massa delle donne coalizzata con gli uomini per la tassazione ha il diritto di chiedere conto della sua amministrazione a ogni agente pubblico.


Articolo 16
Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha costituzione; la costituzione nulla se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione non ha cooperato alla sua redazione.


Articolo 17
Le proprietà sono di tutti i sessi riuniti o separati; esse hanno per ciascuno un diritto inviolabile e sacro;nessuno può esserne privato come vero patrimonio della natura, se non quando la necessità pubblica legalmente constatata, lo esiga in modo evidente e a condizione di una giusta e preliminare indennità.


Poscritto
Donna svegliati, la campana della ragione si fa sentire in tutto l'universo, e riconosci i tuoi diritti. Il potente impero della natura non è più circondato da pregiudizi, da fanatismi, da superstizioni e menzogne. La luce della verità ha dissipato tutte le nubi della stupidità e della usurpazione. L' uomo schiavo ha moltiplicato le sue forze, ricorrendo alle tue per spezzare le catene. Una volta libero, è diventato ingiusto verso la sua compagna.Oh donne!Donne quando la smetterete di essere cieche?Quali vantaggi avete tratto dalla rivoluzione? Un disprezzo più netto, un maggiore disdegno.Nei secoli di corruzione avete regnato solo sulla debolezza degli uomini.Il vostro impero è distrutto,che cosa vi resta dunque?La convinzione delle ingiustizie umane.La rivendicazione del vostro patrimonio fondato sui saggi decreti della natura;che avreste da temere da una impresa così bella?La buona parola del Legislatore delle nozze di Cana?Temete che i nostri Legislatori Francesi correttori di questa morale,a lungo aggrappata ai rami della politica ma che è ormai in disuso,vi possano ripetere:donne cosa c'è in comune tra voi e noi?Tutto,avreste da rispondere.Se si ostinassero nella loro debolezza a mettere questa incongruenza in contraddizione coi loro principi,opponete coraggiosamente la forza della ragione alle vane pretese di superiorità;riunitevi sotto gli stendardi della filosofia;mostrate tutta l'energia del vostro carattere e vedrete ben presto gli orgogliosi,non più servili adorati striscianti ai vostri piedi,ma fieri di dividere con voi i tesori dell'Essere Supremo.Voi avete il potere di liberarvi da qualsiasi tipo di barriera vi si opponga,l'importante è volerlo.Possiamo adesso allo spaventoso quadro che avete rappresentato della società;poiché in questo momento si parla di educazione nazionale,vediamo se i nostri saggi Legislatori penseranno rettamente sull'educazione delle donne.