Contenuto:
Il Codice Internazionale dei Diritti Umani è composto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dal Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali e dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, comprensivo di due Protocolli Opzionali.
I diritti umani avevano trovato precedentemente espressione nel Patto della Lega delle Nazioni, che condusse, tra le altre cose, alla creazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (International Labour Organisation).
Alla Conferenza di San Francisco del 1945, tenutasi per elaborare la Carta delle Nazioni Unite, la proposta di incorporare una "Dichiarazione sui Diritti Essenziali dell'Uomo" ("Declaration on the Essential Rights of Man") fu avanzata ma non esaminata perché ciò avrebbe richiesto una considerazione maggiormente accurata, non possibile in quel momento. La Carta fa esplicito riferimento al proposito di "promuovere ed incoraggiare il rispetto per i diritti umani e per le libertà fondamentali di ognuno, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione" (articolo 1, paragrafo 3). L'idea di promulgare un "codice internazionale dei diritti" fu da molti considerata implicita nella Carta, nei suoi fondamenti.
La Commissione Preparatoria delle Nazioni Unite, che si riunì subito dopo la chiusura della sessione della Conferenza di san Francisco, raccomandò che il Consiglio Economico e Sociale, alla sua prima sessione, costituisse una commissione per i diritti umani come previsto dall'articolo 68 della Carta. Il Consiglio dunque costituì la Commissione sui Diritti Umani all'inizio del 1946.
In occasione della sua prima sessione, nel 1946, l'Assemblea Generale prese in considerazione una provvisoria Dichiarazione sui Diritti Umani e sulle Libertà Fondamentali e la trasmise al Consiglio Economico e Sociale "in riferimento alla Commissione sui Diritti Umani … nella preparazione di un codice internazionale dei diritti" (risoluzione 43(I)). La Commissione, alla sua prima sessione all'inizio del 1947, autorizzò la formulazione di ciò che fu definito "un Codice Internazionale dei Diritti Umani preliminare e provvisorio". Successivamente, l'impegno di tracciare una bozza formale fu assunto da un comitato costituito da membri della Commissione rappresentativi di otto Stati, scelti in relazione alla loro distribuzione geografica.
Verso la Dichiarazione Universale
Al principio, furono espressi pareri differenti riguardo alla forma che il codice dei diritti avrebbe dovuto assumere. Il Comitato preposto a formulare la bozza (Drafting Committee) decise di preparare due documenti: uno nella forma di una dichiarazione, che avrebbe esposto principi generali o modelli di diritti umani; l'altro nella forma di una convenzione, che avrebbe definito i diritti specifici e le loro limitazioni. Il Comitato trasmise alla Commissione sui Diritti Umani articoli provvisori di una dichiarazione internazionale e di una convenzione internazionale sui diritti umani. Alla sua seconda sessione, nel Dicembre del 1947, la Commissione decise di applicare l'espressione "Codice Internazionale dei Diritti Umani" alla serie di documenti in preparazione e istituì tre gruppi di lavoro: uno sulla dichiarazione, uno sulla convenzione (che rinominò "patto") ed uno sulla loro effettività. La Commissione emendò la dichiarazione provvisoria alla sua terza sessione, nel Maggio/Giugno del 1948, prendendo in considerazione commenti trasmessi dai Governi. Non ebbe il tempo, tuttavia, di considerare anche il patto e la questione dell'effettività. La dichiarazione fu dunque sottoposta, tramite il Consiglio Economico e Sociale, all'Assemblea Generale, in riunione a Parigi.
Con la risoluzione 217 A (III) del 10 Dicembre del 1948, l' Assemblea Generale adottò la Dichiarazione Universale dei Diritti dell' Uomo come primo degli strumenti progettati.
Verso i Patti Internazionali
Nello stesso giorno in cui adottò la Dichiarazione Universale, l'Assemblea Generale richiese alla Commissione sui Diritti Umani di preparare, come atto prioritario, un patto provvisorio sui diritti umani e disposizioni provvisorie per renderlo effettivo. La Commissione esaminò il testo del patto provvisorio nel 1949 e nell'anno seguente ne emendò i primi diciotto articoli, sulla base di commenti trasmessi dai Governi. Nel 1950, l'Assemblea Generale dichiarò che "il godimento di libertà politiche e civili e di diritti economici, sociali e culturali sono interconnessi e interdipendenti" (risoluzione 421 (V), sez. E). L'Assemblea decise allora di includere nel patto sui diritti umani anche diritti sociali, economici e culturali, sulla base di proposte avanzate dai Governi e di quanto suggerito da agenzie specializzate. Essa inoltre elaborò dieci articoli, disposizioni per l'effettività di quei diritti, provvedimenti in base ai quali gli Stati parti del patto avrebbero fornito periodici rapporti. Dopo lungo dibattito, alla sua sesta sessione, nel 1951/1952, l'Assemblea Generale richiese alla Commissione di "preparare due Patti sui Diritti Umani provvisori, … uno contenente diritti civili e politici, l'altro contenente diritti sociali e culturali" (risoluzione 543 (VI), par. 1). L'Assemblea richiese specificatamente che i due accordi contenessero provvedimenti e condizioni simili per quanto possibile. Essa inoltre decise di includere un articolo contenente la disposizione secondo la quale "tutti i popoli avranno il diritto all'auto-determinazione" (risoluzione 543 (VI), par. 1).
La Commissione completò la preparazione delle due bozze alle sue sessioni nona e decima, negli anni 1953 e 1954. L'Assemblea Generale esaminò quei testi nel corso della sua nona sessione, nel 1954, e decise di rendere le due bozze pubbliche in modo che i Governi potessero studiarle approfonditamente e l'opinione pubblica potesse esprimersi liberamente a riguardo. Essa raccomandò che il suo Terzo Comitato, alla sua decima sessione, nel 1955, avviasse una discussione articolo per articolo sui testi. La discussione articolo per articolo condusse al completamento della preparazione dei due patti solo nel 1966.
Il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali ed il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici furono adottati dall'Assemblea Generale tramite la risoluzione 2200 A (XXI) del 16 Dicembre 1966. Il primo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, adottato tramite la stessa risoluzione, stabilì un meccanismo internazionale per gestire le comunicazioni relative a denunce individuali di violazioni di diritti dichiarati nel Patto.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo fu adottata e proclamata dall'Assemblea Generale
come un comune ideale da raggiungersi per tutti i popoli e tutte le nazioni, al fine di rendere possibile che ciascun individuo e ciascun organo della società, tenendo costantemente a mente questa Dichiarazione, compia ogni sforzo, tramite l'insegnamento e l'educazione, per promuovere il rispetto di questi diritti e libertà e, tramite provvedimenti progressivi, per assicurarne gli universali ed effettivi riconoscimento ed osservanza, sia tra i popoli degli Stati Membri sia tra i popoli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.
Quarantotto Stati votarono a favore della Dichiarazione, nessuno contro, ed otto si astennero. Dopo il voto il Presidente dell'Assemblea Generale tenne un discorso nel quale rilevò come l'adozione della Dichiarazione rappresentasse "un notevole successo, un passo avanti nel grande processo dell'evoluzione". Era la prima occasione in cui la comunità organizzata delle nazioni dava alla luce una dichiarazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Lo strumento ricevette il supporto dell'autorità dell'intero corpo di opinione delle Nazioni Unite e milioni di persone - uomini, donne e bambini in tutto il mondo - devono volgersi ad essa per trarne sostegno, guida ed ispirazione.
La Dichiarazione consiste di un preambolo e di trenta articoli che esprimono i diritti umani e le libertà fondamentali che devono essere riconosciuti ad ogni uomo e ad ogni donna, in ciascuna parte del mondo, senza alcuna discriminazione.
Nell'articolo 1, che riassume la base filosofica della Dichiarazione, si legge:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
L'articolo definisce le assunzioni fondamentali della Dichiarazione: il diritto alla libertà ed all'uguaglianza è per l'uomo un diritto di nascita e non può essere a lui alienato; poiché l'uomo è un essere razionale e morale, egli è differente dalle altre creature della terra ed è perciò qualificato a godere determinati diritti e libertà di cui le altre creature non godono.
L'articolo 2, che espone il principio basilare dell'uguaglianza e della non discriminazione rispetto ai diritti umani ed alle libertà fondamentali, vieta "distinzioni di ogni tipo, quali in ragione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o di altro genere, origine nazionale o sociale, beni, nascita o altro status".
L'articolo 3, prima pietra angolare della Dichiarazione, proclama il diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della persona - un diritto essenziale al godimento di tutti gli altri diritti. Questo articolo introduce i successivi - articoli da 4 a 21 - in cui altri diritti civili e politici sono espressi: libertà dalla schiavitù e dalla servitù; libertà da tortura e da trattamento o punizione crudeli, inumani o degradanti; diritto al riconoscimento della personalità giuridica in ogni luogo; diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a tribunali competenti e ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente ed imparziale; libertà da arresto, detenzione o esilio arbitrari; diritto ad un'equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale imparziale ed indipendente; diritto alla presunzione di innocenza fino a prova contraria; libertà da interferenza arbitraria nella vita privata, nella famiglia, nella casa, nella corrispondenza; libertà di movimento e di residenza; diritto di asilo, ad una cittadinanza; diritto di contrarre matrimonio e di fondare una famiglia; diritto ad una proprietà personale o in comune con altri; libertà di pensiero, coscienza e religione; libertà di opinione e di espressione; diritto alla pacifica riunione ed associazione; diritto di partecipare al governo e di accedere ai pubblici impieghi, in condizioni di uguaglianza, nel proprio paese.
L'articolo 22, seconda pietra angolare della Dichiarazione, introduce gli articoli seguenti - da 23 a 27 - nei quali sono affermati diritti economici, sociali e culturali - i diritti di cui ciascuno, "come membro della società", è qualificato a godere. L'articolo definisce tali diritti come indispensabili alla dignità umana ed al libero sviluppo della personalità ed indica che siano realizzati "attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale", in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato.
I diritti economici, sociali e culturali riconosciuti negli articoli 22-27 includono il diritto alla sicurezza sociale, il diritto al lavoro, il diritto a pari retribuzione per pari lavoro, il diritto al riposo ed allo svago, il diritto ad uno standard di vita adeguato alla salute ed al benessere, il diritto all'educazione, il diritto di partecipare alla vita culturale della comunità.
Gli articoli conclusivi - da 28 a 30 - riconoscono che ciascuno ha diritto ad un ordine sociale ed internazionale in cui i diritti umani e le libertà fondamentali, enunciati nella Dichiarazione, siano pienamente realizzati. Essi pongono l'accento sui doveri e sulle responsabilità che legano ciascun individuo alla sua comunità. L'articolo 29 stabilisce che "nell'esercizio dei propri diritti e libertà, ciascuno sarà sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica". Esso aggiunge che in nessun caso questi diritti e libertà possono essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite. L'Articolo 30 ribadisce che nessuno Stato, gruppo o persona può ritenere di interpretare la Dichiarazione reclamando alcun diritto "di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati".
Importanza ed influenza della Dichiarazione
Concepito come "comune ideale da raggiungersi per tutti i popoli e tutte le nazioni", la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è divenuta esattamente ciò: uno strumento di misura del grado di rispetto e di conformità ai modelli internazionali di diritti umani.
Dal 1948 essa è stata, e giustamente continua ad essere,tra le dichiarazioni delle Nazioni Unite, la più importante e di più profonda influenza, una fonte di ispirazione fondamentale per gli sforzi nazionali ed internazionali di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali. Essa ha indicato la direzione lungo la quale sviluppare il successivo lavoro nel campo dei diritti umani, ha inoltre determinato i fondamenti filosofici di molti strumenti internazionali giuridicamente vincolanti, volti a proteggere i diritti e le libertà che essa proclama.
Nella Proclamazione di Teheran, adottata dalla Conferenza Internazionale sui Diritti Umani tenutasi in Iran nel 1968, la Conferenza riconobbe concordemente che "la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani stabilisce un comune modo di comprendere, da parte di tutti i popoli del mondo, l'inviolabilità e l'inalienabilità dei diritti di tutti i membri della famiglia umana e costituisce un obbligo per i membri della comunità internazionale". La Conferenza affermò la propria fiducia nei principi sostenuti nella Dichiarazione ed esortò tutti, popoli e Governi, "a dedicare se stessi a [quei] principi… ed a raddoppiare gli sforzi per garantire a ciascun essere umano una vita nel rispetto di libertà e dignità e tendente al benessere fisico, mentale, sociale e spirituale".
Gli ultimi anni hanno registrato una crescente propensione degli organi delle Nazioni Unite, nello sviluppo di strumenti internazionali nel campo dei diritti umani, ad assumere a riferimento non soltanto la Dichiarazione Universale ma anche altre componenti del Codice Internazionale dei Diritti Umani.
I preamboli e gli articoli 1, 3 e 5 dei due Patti Internazionali sono quasi identici. I preamboli richiamano il dovere degli Stati, sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, di promuovere i diritti umani; richiama la responsabilità individuale nel compiere lo sforzo di promuovere ed osservare quei diritti; riconosce che, in accordo con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l'ideale di esseri umani liberi, nella facoltà di godere della libertà civile e politica e della libertà dal timore e dall'indigenza, può essere raggiunto soltanto se sono create le condizioni in cui ciascuno possa godere dei propri diritti civili e politici nonché che dei propri diritti economici, sociali e culturali.
L'articolo 1 di ciascun Patto stabilisce che il diritto di auto-determinazione è universale e chiama gli Stati a promuovere la realizzazione ed il rispetto di questo diritto.
L'articolo stabilisce che "tutti i popoli hanno il diritto di auto-determinazione" ed aggiunge che "in virtù di questo diritto, essi determinano liberamente il proprio statuto politico e perseguono liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale". L' articolo 3, in entrambi i Patti, riafferma la parità del diritto di uomini e donne di godere di tutti i diritti umani ed esorta gli Stati a rendere tale principio una realtà. L'articolo 5, in entrambi i casi, dispone la protezione di ciascun diritto umano o ciascuna libertà fondamentale da soppressione o eccessiva limitazione e da interpretazioni delle disposizioni dei Patti tese a giustificare violazioni di un diritto o di una libertà o della restrizione di questi ultimi in misura maggiore di quanto previsto dagli stessi Patti. Esso inoltre vieta agli Stati di limitare diritti vigenti nei loro territori sulla base del fatto che tali diritti non siano riconosciuti, o riconosciuti in misura minore, nei Patti.
Gli articoli seguenti - da 6 a 15 - del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali riconoscono i diritti al lavoro (art.6); al godimento di giuste e favorevoli condizioni di lavoro (art.7); a costituire sindacati (art.8); alla sicurezza sociale, incluse assicurazioni sociali (art.9); alle più ampie protezione ed assistenza possibili per la famiglia, specie per madri, bambini e adolescenti (art.10); ad un adeguato livello di vita (art.11); al godimento delle migliori condizioni di salute fisica e mentale conseguibili (art.12); all'educazione (art. 13-14); a prendere parte alla vita culturale (art.15).
Nei suoi articoli - da 6 a 27 - il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici protegge il diritto alla vita (art.6) e stabilisce che nessuno sia sottoposto a tortura o a trattamento o punizione crudele, inumana o degradante (art.7); stabilisce inoltre che nessuno sia tenuto in schiavitù, che la schiavitù e la tratta degli schiavi siano proibite e che nessuno sia tenuto in servitù o sottoposto a lavoro forzato o obbligatorio (art.8); che nessuno sia sottoposto ad arresto o detenzione arbitrari (art.9); che qualsiasi individuo privato della propria libertà sia trattato con umanità (art.10); che nessuno può essere imprigionato per la sola ragione di non essere in grado di adempiere ad un obbligo contrattuale (art.11).
Il Patto prevede libertà di movimento e libertà di scelta della residenza (art.12) e prevede che siano poste limitazioni all'espulsione di stranieri legalmente presenti nel territorio di uno Stato parte (art.13). Esso dispone che sia rispettata l'uguaglianza di tutte le persone dinnanzi a corti di giustizia e tribunali ed enuncia le garanzie fondamentali che nei processi civili e penali devono essere rispettate (art.14). Esso inoltre proibisce la validità retroattive di leggi penali (art.15); afferma il diritto di ciascuno, ovunque si trovi, al riconoscimento della propria personalità giuridica (art.16); proibisce arbitrarie o illecite interferenze con la vita privata, familiare, con la casa o la corrispondenza ed attacchi illeciti alla reputazione e all'onore degli individui (art.17).
Il Patto dispone la protezione dei diritti alla libertà di pensiero, coscienza e religione (art.18) ed alla libertà di opinione e di espressione (art.19). Chiama a proibire per legge ogni forma di propaganda alla guerra e di appoggio ad avversione nazionale, razziale o religiosa che costituisca incitamento a discriminazione, ostilità o violenza (art.20). Riconosce il diritto alla pacifica riunione (art.21) ed il diritto alla libertà di associazione (art.22). Esso inoltre riconosce il diritto di uomini e donne, in età per contrarre il matrimonio, di sposarsi e fondare una famiglia ed il principio di uguaglianza dei diritti e delle responsabilità dei coniugi riguardo al matrimonio, durante il matrimonio ed al momento della sua dissoluzione (art.23). Il Patto stabilisce misure per la protezione dei diritti dei bambini (art.24) e riconosce il diritto di ciascun cittadino a prendere parte alla direzione degli affari pubblici, a votare ed essere eletto, ad avere accesso, in condizioni generali di uguaglianza, ad impieghi pubblici nel suo paese (art.25). Esso stabilisce che tutte le persone sono uguali davanti alla legge ed hanno diritto ad uguale tutela da parte della legge (art.26) ed infine richiede la tutela dei diritti delle minoranze etniche, religiose e linguistiche nei territori degli Stati parti(art.27).
Per finire, l'articolo 28 prevede la costituzione di una Comitato per i Diritti Umani responsabile della verifica dell'effettività dei diritti enunciati nel Patto.
Condizioni
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo afferma che l'esercizio dei diritti e delle libertà della persona possono essere soggetti ad alcune limitazioni che devono essere determinate giuridicamente al solo scopo di assicurare il dovuto riconoscimento dei diritti e delle libertà degli altri e di soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. Non è possibile esercitare diritti che si rivelino contrari ai propositi ed ai principi delle Nazioni Unite, o che siano volti a sopprimere ciascuno dei diritti espressi nella Dichiarazione (art. 29-30).
Il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali stabilisce che i diritti che vi sono enunciati possono essere limitati, per legge, ma solo compatibilmente con la natura di quei diritti e al solo scopo di promuovere il benessere generale in una società democratica (art.4).
A differenza della Dichiarazione Universale e del Patto sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici non contiene disposizioni generali, applicabili a tutti i diritti previsti dal Patto, che autorizzino restrizioni nel loro esercizio. Tuttavia, alcuni articoli del Patto stabiliscono che i diritti che vi sono enunciati non saranno soggetti ad alcuna restrizione tranne che per legge e per necessità di proteggere la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico o i diritti e le libertà degli altri.
Alcuni diritti, dunque, non possono mai essere sospesi o limitati, persino in situazioni di emergenza. Tali sono i diritti alla vita, alla libertà da tortura, alla libertà da riduzione in schiavitù e servitù, alla protezione dall'imprigionamento per debito, alla libertà dall'effetto retroattivo di leggi penali, al riconoscimento della personalità giuridica ed infine alla libertà di pensiero, coscienza e religione.
Il Patto sui Diritti Civili e Politici consente ad uno Stato di limitare o sospendere il godimento di alcuni diritti in casi di pubblica emergenza, ufficialmente proclamata, che rappresenti una minaccia per la vita della nazione. Tali limitazioni o sospensioni sono consentite solo "in misura strettamente conforme alle esigenze della situazione" e mai possono contenere discriminazioni fondate su razza, colore, sesso, lingua, religione o origine sociale (art.4).Le limitazioni o sospensioni devono, inoltre, essere comunicate alle Nazioni Unite.
Primo Protocollo Opzionale
Il Primo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici autorizza il Comitato dei Diritti Umani, stabilito dal Patto, a ricevere ed esaminare comunicazioni da parte di individui che denuncino di essere vittime di violazioni di un qualsiasi diritto enunciato nel Patto.
Secondo l'articolo 1 del Protocollo Opzionale, uno Stato parte del Patto che prenda parte anche al Protocollo riconosce la competenza del Comitato dei Diritti Umani a ricevere ed esaminare comunicazioni da parte di individui, sottoposti alla sua giurisdizione, che pretendano essere vittime di violazioni da parte di quello Stato di un qualsiasi diritto enunciato nel Patto. Individui che, avendo denunciato tali violazioni, abbiano esaurito tutti i ricorsi interni perseguibili, hanno diritto a sottoporre una comunicazione scritta al Comitato (art.2).
Perché tali comunicazioni siano ritenute ammissibili dal Comitato (in aggiunta all'articolo 2, gli articoli 3 e 5 pongono le condizioni di ammissibilità) esse devono essere portate all'attenzione dello Stato parte che si pretende abbia violato un provvedimento del Patto. Entro sei mesi quello Stato è tenuto a sottoporre al Comitato spiegazioni o dichiarazioni scritte che chiariscano ed indichino quali provvedimenti esso potrà aver preso per porre rimedio alla situazione (art.4).
Il Comitato dei Diritti Umani esamina le comunicazioni ammissibili in sedute a porte chiuse, alla luce di ogni informazione scritta, resa disponibile dall'individuo e dallo Stato coinvolto. Successivamente esso trasmette le proprie considerazioni allo Stato parte ed all'individuo (art.5).
Un riassunto delle attività del Comitato, svolte in base al Protocollo Opzionale, è incluso in un rapporto sottoposto annualmente all'Assemblea Generale, attraverso il Consiglio Economico e Sociale (art.6).
Secondo Protocollo Opzionale
Il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, volto all'abolizione della pena di morte, fu adottato dall'Assemblea Generale tramite la risoluzione 44/128 del 15 Dicembre 1989. Secondo il suo articolo 1, non è ammessa l'esecuzione di alcun individuo in base alla giurisdizione dello Stato parte al Protocollo.
Secondo l'articolo 3 del Protocollo, gli Stati parti sono tenuti ad includere nei rapporti che essi sottopongono al Comitato dei Diritti Umani informazioni sui provvedimenti presi per dare effetto al Protocollo.
L'articolo 5 del Secondo Protocollo Opzionale dispone che, per quanto riguarda gli Stati parti del Primo Protocollo Opzionale, la competenza del Comitato dei Diritti Umani a ricevere ed esaminare comunicazioni, da parte di individui soggetti alla giurisdizione di uno Stato, si estenderà ai provvedimenti del Secondo Protocollo Opzionale, a meno che lo Stato parte coinvolto non abbia dichiarato volontà contraria all'atto di ratifica o di adesione.
Secondo l'articolo 6, le disposizioni del Secondo Protocollo Opzionale si applicano come disposizioni addizionali rispetto al Patto.
Entrata in vigore dei Patti e dei Protocolli Opzionali
Il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali entrò in vigore il 3 Gennaio 1976, tre mesi dopo la data del deposito presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite del trentacinquesimo strumento di ratifica o di adesione, come previsto dall'articolo 27. Al 30 Settembre 1995 il Patto era stato oggetto di ratifica o adesione da parte di 132 Stati:
Afghanistan, Albania, Algeria, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Barbados, Belarus, Belgium, Benin, Bolivia, Bosnia and Herzegovina, Brazil, Bulgaria, Burundi, Cambodia, Cameroon, Canada, Cape Verde, Central African Republic, Chad, Chile, Colombia, Congo, Costa Rica, Côte d'Ivoire, Croatia, Cyprus, Czech Republic, Democratic People's Republic of Korea, Denmark, Dominica, Dominican Republic, Ecuador, Egypt, El Salvador, Equatorial Guinea, Estonia, Ethiopia, Finland, France, Gabon, Gambia, Georgia, Germany, Greece, Grenada, Guatemala, Guinea, Guinea-Bissau, Guyana, Haiti, Hungary, Iceland, India, Iran (Islamic Republic of), Iraq, Ireland, Israel, Italy, Jamaica, Japan, Jordan, Kenya, Kyrgyzstan, Latvia, Lebanon, Lesotho, Libyan Arab Jamahiriya, Lithuania, Luxembourg, Madagascar, Malawi, Mali, Malta, Mauritius, Mexico, Mongolia, Morocco, Mozambique, Namibia, Nepal, Netherlands, New Zealand, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norway, Panama, Paraguay, Peru, Philippines, Poland, Portugal, Republic of Korea, Republic of Moldova, Romania, Russian Federation, Rwanda, Saint Vincent and the Grenadines, San Marino, Senegal, Seychelles, Slovakia, Slovenia, Somalia, Spain, Sri Lanka, Sudan, Suriname, Sweden, Switzerland, Syrian Arab Republic, The former Yugoslav Republic of Macedonia, Togo, Trinidad and Tobago, Tunisia, Ukraine, United Kingdom, United Republic of Tanzania, United States of America, Uruguay, Venezuela, Viet Nam, Yemen, Yugoslavia, Zaire, Zambia and Zimbabwe.
Il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici entrò in vigore il 23 Marzo 1976, tre mesi dopo la data del deposito presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite del trentacinquesimo strumento di ratifica o di adesione, come previsto dall'articolo 49. Al 30 Settembre 1995 il Patto era stato oggetto di ratifica o adesione da parte di 132 Stati:
Afghanistan, Albania, Algeria, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Barbados, Belarus, Belgium, Benin, Bolivia, Bosnia and Herzegovina, Brazil, Bulgaria, Burundi, Cambodia, Cameroon, Canada, Cape Verde, Central African Republic, Chad, Chile, Colombia, Congo, Costa Rica, Côte d'Ivoire, Croatia, Cyprus, Czech Republic, Democratic People's Republic of Korea, Denmark, Dominica, Dominican Republic, Ecuador, Egypt, El Salvador, Equatorial Guinea, Estonia, Ethiopia, Finland, France, Gabon, Gambia, Georgia, Germany, Grenada, Guatemala, Guinea, Guyana, Haiti, Hungary, Iceland, India, Iran (Islamic Republic of), Iraq, Ireland, Israel, Italy, Jamaica, Japan, Jordan, Kenya, Kyrgyzstan, Latvia, Lebanon, Lesotho, Libyan Arab Jamahiriya, Lithuania, Luxembourg, Madagascar, Malawi, Mali, Malta, Mauritius, Mexico, Mongolia, Morocco, Mozambique, Namibia, Nepal, Netherlands, New Zealand, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norway, Panama, Paraguay, Peru, Philippines, Poland, Portugal, Republic of Korea, Republic of Moldova, Romania, Russian Federation, Rwanda, Saint Vincent and the Grenadines, San Marino, Senegal, Seychelles, Slovakia, Slovenia, Somalia, Spain, Sri Lanka, Sudan, Suriname, Sweden, Switzerland, Syrian Arab Republic, The former Yugoslav Republic of Macedonia, Togo, Trinidad and Tobago, Tunisia, Uganda, Ukraine, United Kingdom, United Republic of Tanzania, United States of America, Uruguay, Uzbekistan, Venezuela, Viet Nam, Yemen, Yugoslavia, Zaire, Zambia and Zimbabwe.
Alla stessa data 44 Stati parti al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici avevano dichiarato, secondo l'articolo 41 dello stesso Patto, di riconoscere la competenza del Comitato dei Diritti Umani "a ricevere ed esaminare comunicazioni, nelle quali uno Stato parte pretenda che un altro Stato parte non adempie agli obblighi derivanti dal presente Patto". La disposizione dell'articolo 41 entrò in vigore il 28 Maggio del 1978 in accordo con i paragrafo 2 dello stesso articolo.
Il Primo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici entrò in vigore contemporaneamente al Patto, avendo ricevuto il minimo di 10 ratifiche o adesioni richiesto. Alla data del 30 Settembre del 1995 85 Stati parti al Patto erano diventati parti anche del Primo Protocollo Opzionale:
Algeria, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Barbados, Belarus, Belgium, Benin, Bolivia, Bosnia and Herzegovina, Bulgaria, Cameroon, Canada, Central African Republic, Chad, Chile, Colombia, Congo, Costa Rica, Cyprus, Czech Republic, Denmark, Dominican Republic, Ecuador, El Salvador, Equatorial Guinea, Estonia, Finland, France, Gambia, Georgia, Germany, Guinea, Guyana, Hungary, Iceland, Ireland, Italy, Jamaica, Kyrgyzstan, Latvia, Libyan Arab Jamahiriya, Lithuania, Luxembourg, Madagascar, Malta, Mauritius, Mongolia, Namibia, Nepal, Netherlands, New Zealand, Nicaragua, Niger, Norway, Panama, Paraguay, Peru, Philippines, Poland, Portugal, Republic of Korea, Romania, Russian Federation, Saint Vincent and the Grenadines, San Marino, Senegal, Seychelles, Slovakia, Slovenia, Somalia, Spain, Suriname, Sweden, The former Yugoslav Republic of Macedonia, Togo, Trinidad and Tobago, Ukraine, Uruguay, Uzbekistan, Venezuela, Zaire and Zambia.
Il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, volto all'abolizione della pena di morte, entrò in vigore l' 11 Luglio 1991, avendo ricevuto il minimo di 10 ratifiche o adesioni richiesto. Alla data del 30 Settembre del 1995, 28 Stati parti hanno ratificato o aderito al Secondo Protocollo Opzionale:
Australia, Austria, Denmark, Ecuador, Finland, Germany, Hungary, Iceland, Ireland, Italy, Luxembourg, Malta, Mozambique, Namibia, Netherlands, New Zealand, Norway, Panama, Portugal, Romania, Seychelles, Slovenia, Spain, Sweden, Switzerland, The former Yugoslav Republic of Macedonia, Uruguay and Venezuela.
A partire dal 1948, quando la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani fu adottata e proclamata, fino al 1976, quando i Patti Internazionali sui Diritti Umani entrarono in vigore, la Dichiarazione fu la sola componente completa del Codice Internazionale dei Diritti Umani. La Dichiarazione e, ad un passo successivo i Patti, esercitarono una profonda influenza sui pensieri e le azioni di individui e dei loro Governi in ogni parte del mondo.
La Conferenza Internazionale sui Diritti Umani, che si tenne a Teheran dal 22 Aprile al 13 Maggio 1968, per considerare il progresso raggiunto nei venti anni trascorsi dal momento dell'adozione della Dichiarazione Universale e per elaborare un programma per il futuro, dichiarò solennemente nella Proclamazione di Teheran:
1. È imperativo che i membri della comunità internazionale adempiano ai loro solenni obblighi di promuovere ed incoraggiare il rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali per tutti, senza distinzioni di alcun tipo, quali di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o altro genere;
2. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo stabilisce un comune modo di intendere, da parte dei popoli del mondo, i diritti inalienabili ed inviolabili di tutti i membri della famiglia umana e costituisce un obbligo per i membri della comunità internazionale;
3. Il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, la Dichiarazione sull'Indipendenza dei Paesi e dei Popoli Sottoposti a Dominazione Coloniale, la Convenzione Internazionale sull'Eliminazione di Ogni Forma di Discriminazione Razziale ed altre convenzioni e dichiarazioni nel campo dei diritti umani, adottate sotto gli auspici delle Nazioni Unite, le agenzie specializzate e le organizzazioni intergovernative regionali hanno creato nuovi modelli ed obblighi cui gli Stati devono conformarsi;
...
Per più di venticinque anni, la Dichiarazione Universale sui Diritti Umani fu la sola espressione di un internazionale "ideale da raggiungersi per tutti i popoli e tutte le nazioni". Essa divenne conosciuta e fu accettata come autorevole sia dagli Stati che ratificarono o aderirono ad uno o entrambi i Patti, sia da coloro i quali non divennero parti ad alcuno dei due. Le sue disposizioni furono citate a fondamento e giustificazione di molte importanti decisioni prese da organi delle Nazioni Unite; le stesse disposizioni ispirarono l'elaborazione di numerosi strumenti internazionali riguardanti i diritti umani, sai internamente sia esternamente al sistema delle Nazioni Unite; esse esercitarono una rilevante influenza su numerosi trattati bilaterali e multilaterali ed ebbero un forte impatto come fondamenti per l'elaborazione di molte nuove costituzioni e leggi nazionali.
La Dichiarazione Universale ottenne il riconoscimento di documento storico, espressione di una articolazione condivisa della dignità e dei valori umani. Essa costituisce lo strumento in grado di stimare il livello nel mondo di adesione e di conformità alle norme internazionali sui diritti umani.
L'entrata in vigore dei Patti, nel contrarre i quali gli Stati parti accettarono di assumere un obbligo morale, oltre che legale, a promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali, non fu in alcun modo riduttivo dell'autorevolezza e del prestigio della Dichiarazione Universale. Al contrario, proprio i Patti e le misure di effettività, in essi contenute, richieste per assicurare la realizzazione dei diritti e delle libertà enunciati nella Dichiarazione, conferiscono a quest'ultima maggior vigore.
Inoltre, la Dichiarazione Universale è, nei suoi propositi, davvero universale; la sua validità si estende a ciascun membro della famiglia umana, ovunque, indipendentemente dalla decisione dei Governi di sottoscriverne i principi o ratificarne i relativi Patti. D'altro canto, i Patti, per il loro carattere di convenzioni multilaterali, hanno effetto vincolante legalmente soltanto sugli Stati che vi hanno aderito o che li hanno ratificati.
In molte risoluzioni e decisioni importanti, adottate da organi delle Nazioni Unite quali l'Assemblea Generale ed il Consiglio di Sicurezza, la Dichiarazione Universale sui Diritti dell'Uomo ed i Patti sono stati citati come fondamento per gli atti.
Quasi tutti gli strumenti internazionali sui diritti umani adottati dagli organi delle Nazioni Unite a partire dal 1948 elaborano principi espressi nella Dichiarazione Universale. Nel preambolo del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali si afferma che lo stesso Patto prende avvio dal riconoscimento del fatto che
In accordo con la Dichiarazione Universale sui Diritti dell'Uomo, l'ideale di libertà da paura e indigenza per esseri umani liberi può essere raggiunto solo se sono create condizioni che permettano ad ognuno di godere dei propri diritti economici, sociali, culturali nonché politici e civili.
Considerazioni simili sono rese nel preambolo del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici.
La Dichiarazione sulla Protezione di Ogni Persona dall'Essere Sottoposta a Tortura ed Altri Trattamenti o Punizioni Crudeli, Inumani o Degradanti, adottata dall'Assemblea Generale nel 1975 (risoluzione 3452 (XXX), esamina il significato dell'articolo 5 della Dichiarazione Universale sui Diritti dell'Uomo e dell'articolo 7 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici; entrambi dispongono che nessuno sia sottoposto a tortura o trattamento o punizione crudeli, inumani o degradanti. Questo divieto fu ulteriormente ribadito con l'adozione, nel 1984, della Convenzione contro la Tortura ed Altri Trattamenti o Punizioni Crudeli, Inumani o Degradanti (risoluzione dell'Assemblea Generale 39/46). In modo analogo, la Dichiarazione sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Intolleranza e di Discriminazione Basate su Religione o Credo, proclamata dall'Assemblea Generale nel 1981 (risoluzione 36/55), definisce chiaramente il carattere e il proposito dei principi di non discriminazione ed uguaglianza dinnanzi alla legge ed il diritto alla libertà di pensiero, coscienza, religione e credo contenuti nella Dichiarazione Universale e nei Patti Internazionali.
Una situazione simile si presenta anche nell'ambito degli strumenti internazionali sui diritti umani adottati esternamente al sistema delle Nazioni Unite. Per esempio, il preambolo alla Convenzione per la Protezione dei Diritti Umani e le Libertà Fondamentali, adottata dal Consiglio d'Europa a Roma nel 1950, conclude con le seguenti parole:
Risoluti, in quanto governi di Stati europei animati da uno stesso spirito e forti di un patrimonio comune di tradizioni e di ideali politici, di rispetto della libertà e di preminenza del diritto, a prendere le prime misure atte ad assicurare la garanzia collettiva di certi diritti enunciati nella Dichiarazione Universale.
L'articolo 2 della Carta dell'Organizzazione dell'Unità Africana, adottata ad Addis Ababa nel 1963, dispone che tra i propositi dell'Organizzazione sia quello di "promuovere la cooperazione internazionale, con la dovuta considerazione per la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo". La Convenzione Americana sui Diritti Umani, sottoscritta a San José, Costa Rica, nel 1969, afferma nel suo preambolo che i principi ai quali essa s'ispira sono gli stessi espressi nella Carta dell'Organizzazione degli Stati Americani, nella Dichiarazione Americana dei Diritti e dei Doveri dell'Uomo e nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
Giudici della Corte Internazionale di Giustizia hanno in alcune occasioni addotto ad argomento delle loro decisioni principi contenuti nel Codice Internazionale dei Diritti Umani.
Tribunali nazionali e locali hanno frequentemente citato principi enunciati nel Codice Internazionale dei Diritti Umani nelle loro decisioni. Inoltre, negli ultimi anni, testi costituzionali e legislativi nazionali hanno, in misura crescente, disposto provvedimenti per la protezione di quei principi; molte leggi nazionali e locali recenti sono evidentemente modellate su disposizioni espresse nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nei Patti Internazionali, i quali restano una guida per tutti gli sforzi presenti e futuri nel campo dei diritti umani, a livello sia nazionale sia internazionale.
Infine, la Conferenza Mondiale sui Diritti Umani, tenutasi a Vienna nel Giugno 1993, adottò per acclamazione la Dichiarazione di Vienna ed il Programma d'Azione nei quali essa prese atto del progresso raggiunto nella codificazione di strumenti per i diritti umani e dell'urgenza di ratificare trattati sui diritti umani. In aggiunta,essa esortò ogni Stato ad evitare, per quanto possibile, il ricorso a limitazioni (parte I, par.26).
Il Codice Internazionale dei Diritti Umani rappresenta una pietra miliare nella storia dei diritti umani, una vera Magna Carta che segna il raggiungimento di una fase estremamente importante: l'acquisizione della consapevolezza del valore e della dignità umani.
Traduzione non ufficiale di "Fact Sheet No.2 (Rev.1), The International Bill of Human Rights", documento pubblicato dall'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani, stampato presso le Nazioni Unite, Ginevra Giugno 1996. http://www.unhchr.ch/html/menu6/2/fs2.htm
Per informazioni sulla serie Fact Sheet, pubblicata dall'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani: http://www.unhchr.ch/html/menu6/2/sheets.htm