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MASSACRI CON IL MARCHIO

Chiudete allevamenti intensivi e macelli intensivi

Data: 2015-06-15
Autore: Gherush92 Committee for Human Rights e Accademia di Belle Arti di Brera

Uccidono 120 vitelli per trovarne 30 kasher: un massacro, uno spreco.

I cosiddetti controlli sui prodotti kasher si sono tradotti, nella percezione collettiva odierna, in una garanzia di qualità ed affidabilità. Grazie ad un’incessante attività di marketing, i marchi kosher si sono imposti per i consumatori, come sinonimo di garanzia, salubrità ed eccellenza del prodotto e i propugnatori dei marchi kosher sfruttano, a fini meramente commerciali, la percezione che un prodotto kasher sia di qualità. Ma tutto ciò è infondato, si tratta di pubblicità ingannevole supportata da certe autorità ebraiche ed istituzionali che avallano queste operazioni di mercato.

Da quando, per attrarre consumatori non ebrei, un’azienda americana produttrice di hot dog ha lanciato la campagna "we answer to a higher authority” (rendiamo conto a un'autorità superiore), kosher è diventato un simbolo di qualità e il mercato kosher si è vertiginosamente espanso. Il risultato è che nel mercato degli Stati Uniti ormai quasi la metà dei prodotti alimentari sono confezionati secondo le norme ebraiche e certificati kosher, mentre la popolazione ebraica compone meno del due per cento dei 300 milioni di americani.

Sulla scia del mercato americano programmi ed aziende italiane ed europee per il rilascio delle certificazioni oggi pubblicizzano il kosher-Europe-Italy con una promessa di cibo di qualità superiore, proveniente da fonti attendibili, attirando proprio il pubblico attento alla salute e alla sicurezza, i consumatori del biologico, vegani, vegetariani, celiaci. Ma questo sembra mistificatorio: kosher non vuol dire qualità e nessuno spiega cosa significherebbe kosher di qualità. Si smercia il kosher come sinonimo di sicurezza, garantendo a parole prodotti di origine animale sani al 100%, ma non è vero, bovini, ovini e pollame sono gli stessi animali che forniscono prodotti non kasher e che provengono da stabilimenti industriali - animali di infima qualità, se vogliamo usare gli stessi termini, viste le atroci sofferenze cui sono sottoposti che riducono la qualità e la sanità delle carni. Lanciano il kosher parve, come cibo adatto a vegetariani e vegani, pubblico attento alla sofferenza degli animali, ma non spiegano che latte e uova sono prodotti di animali che soffrono negli allevamenti intensivi.

Chi vuole, come i propugnatori del marchio kosher, proiettare i prodotti kasher nel mondo non ebraico perché sani e di qualità alimenta una mistificazione che rischia di rivelarsi un boomerang.

Ahinoi, non vi è nulla di sicurezza, salubrità, genuinità e qualità dietro alla dichiarazione kasher di prodotti di animali provenienti da allevamenti industriali (allevamenti-lager), animali-macchine da produzione che vivono solo per assicurare un business economico gigantesco. Nulla di sicurezza e qualità nelle uova kasher prodotte dalle ovaiole stipate in batterie in uno spazio inferiore ad un foglio; nella carne dei polli cresciuti forzatamente in poche settimane e macellati all’età di 42 giorni; nei formaggi kasher provenienti dal latte di mucche fistulate, cioè con un buco di 10-15 centimetri praticato nell'addome e mantenuto aperto, eseguito per massimizzare la produzione dell’animale vivo; nulla di qualità nel foie gras, il fegato d’oca, l’organo ammalato di un animale torturato e ingrassato artificialmente o nella carne di vitello, reso appositamente anemico e costretto all’assoluta immobilità per assicurare la carne bianca; nei pesci che vengono allevati in vasche sovraffollate e nei loro escrementi fino ad impazzire; nei prodotti OGM, vegetali e animali, certificati kasher, come il salmone transgenico la cui caratteristica è crescere rapidamente e smisuratamente che sta per essere certificato senza valutarne le conseguenze sulla salute e sul creato. Nulla di qualità, appunto, ma affari d’oro per un mercato kosher in espansione che cresce florido e vigoroso sulle spalle di animali che vivono nella sofferenza, privati della dignità e torturati.

Il risultato di questa mistificazione è che per soddisfare la moda e il business e l’imponente mercato kosher composto da consumatori non ebrei si uccide un’esorbitante quantità di animali ben oltre il fabbisogno ebraico, contravvenendo ai divieti della Torà di far soffrire e di distruggere; si gonfiano i prezzi e si raggirano i consumatori trasgredendo il divieto di ingannare il prossimo; ci si serve della collaborazione dei goyim per la produzione kosher; si piegano le regole alimentari ebraiche agli interessi estranei e l’ebraismo al marketing, fino all’autodistruzione.

Sarebbe importante una grande teshuvà, un pentimento, e in quel contesto prendere in considerazione la possibilità di chiudere allevamenti intensivi e macelli intensivi kasher, perché il mercato in espansione del kosher si basa sulla promozione mendace, sul massacro di un’enorme quantità di animali, rispetto al fabbisogno ebraico e sulla trasgressione di precetti della Torà, che non può essere utilizzata per certificare quello che appare solo come un disgustoso business.

I consumatori non ebrei dovrebbero verificare, prima di acquistare, la reale consistenza delle virtù dei prodotti marchio kosher e non farsi prendere in giro, sotto l’ombrello di Expo 2015 e con il bene placito di illustri accademici, dalle fragole kasher o dalla soia e mais ogm-kosher.

GLI ANIMALI CHE SOFFRONO NON SONO KASHER !

CHIUDETE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI!

LEGGI IL LIBRO "IL MAIALE E' IL NOSTRO MAESTRO. ANIMALI ED EBREI UN RAPPORTO LACERATO"

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