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GLI ANIMALI CHE SOFFRONO NON SONO KASHER !

Vietano le ciambellette e mangiano il foie gras

Data: 2011-04-10
Autore: Gherush92

Non è lecito infliggere ad un animale sofferenza, a maggior ragione se questa viene progettata, organizzata e perpetrata negli allevamenti intensivi su scala industriale, cioè moltiplicata per milioni e milioni di esseri viventi ogni anno. Negli allevamenti intensivi, nei quali vivono anche gli animali destinati all’alimentazione kasher, questi subiscono, senza scampo, crudeltà inenarrabili, solo per aumentare il profitto e per assicurare, a tutti e sempre, una quantità eccessiva di carne.

Questi allevamenti sembrano contraddire tutte le norme ebraiche che prescrivono il rispetto verso gli animali e in molti casi somigliano a veri e propri campi di sterminio. D’altra parte, c’è chi pensa, forse per tentare di giustificare azioni scellerate, che l’uomo sia il principale destinatario dell’opera della creazione: “Si sono convinti che l'uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno.” (Isaac Bashevis Singer). Gli allevamenti intensivi sarebbero luoghi da abolire e, invece, sono catene di montaggio di esseri viventi ridotti ad oggetto, a servizio dell’uomo moderno.

C’è da considerare che la sofferenza degli animali negli allevamenti intensivi certamente provoca un’alterazione dello stato fisico e psichico, perché un animale che vive in cattività, in condizioni estreme e solo per essere ammazzato, inevitabilmente si ammala.

Come può un animale reso ammalato essere kasher?


Come dice Foer in "Se niente importa. Perchè mangiamo gli animali?", bisognerebbe attentamente riflettere su cosa sono gli allevamenti intensivi, cosa è la sofferenza degli animali e quali sono le sue conseguenze. Non basta che gli animali siano uccisi secondo le norme della shechità, ma è necessario garantire loro di nascere, crescere, riprodursi e vivere, secondo il proprio ciclo biologico, senza patire alcuna sofferenza come, invece, avviene sistematicamente negli allevamenti nei quali vivono costretti. Gli allevamenti intensivi, inoltre, pongono gravi problemi di inquinamento ambientale e sulla salute degli uomini, che non devono essere trascurati.


Nella Torà sono prescritti precisi obblighi verso gli animali ed è insegnato il rispetto e il comportamento di gentilezza e misericordia verso di loro. Agli animali è garantito il riposo; sono protetti nella fatica e nel lavoro; devono essere aiutati quando si smarriscono; devono essere protetti se in difficoltà; agli animali deve essere evitata sofferenza gratuita. Nella Torah, dunque, sono riconosciuti i diritti degli animali.


Ricordiamoci sempre che “… gli animali non possono essere allevati solo e soltanto per essere mangiati e che gli alberi non possono essere coltivati solo e soltanto per essere tagliati” (Linee Guida per la Protezione della Diversità Culturale, Gherush92). Ricordiamoci anche che l’essere umano fu formato per ultimo affinché si ricordi di non sopravvalutarsi e se una persona si comporta con orgoglio, le si dice: “Perfino la zanzara è stata creata prima di te!”.


Le norme tradizionali ebraiche, compreso le regole alimentari e quelle verso gli animali, sono regole antiche e consolidate che disciplinano in modo armonioso il rapporto dell’uomo con l’ambiente, con gli esseri animati e inanimati: solo alcuni animali possono essere mangiati e in certe particolari e severe condizioni. Tali norme non dovrebbero essere tradite, assimilate o essere poste al servizio della modernizzazione, dell’industrializzazione e dello sviluppo. Rispetto degli animali, kasherut e allevamenti intensivi moderni sono realtà inconciliabili.


Noi riteniamo che le regole ebraiche non possano essere applicate a compartimenti stagni, quelle alimentari in modo scollegato dalle altre norme sugli animali che ci insegna la Torà, perché questa interpretazione non risponde al problema fondamentale e struggente della sofferenza degli animali. Noi riteniamo, in sintesi, che gli animali che soffrono non sono kasher e che sia necessario aprire un dibattito approfondito su questo argomento.


E se è vero che il livello di sofferenza durante la macellazione non si può controllare né stimare, chiunque è in grado, se vuole, di osservare e conoscere la sofferenza di un animale in un allevamento intensivo. La sofferenza riguarda l’intera esistenza dell’animale, non è un elemento trascurabile, accidentale o marginale, non è un’immaginazione o un sospetto, ma un’orribile realtà quotidiana.


Per Pesach e assistiamo attoniti alla seguente incresciosa situazione che chiede con urgenza una spiegazione halachica complessiva e una soluzione operativa: per un sospetto si accetta di vietare l’uso della farina per le ciambellette e di distruggere una tradizione ancora viva e vitale; non per un sospetto, ma con consapevolezza e cognizione, si acconsente a ripetere un’orribile realtà, e a mangiare il foie gras, che troviamo nei ristoranti kasher di tutta Europa e in molte famiglie.


Ogni anno si ripete una procedura agghiacciante: il foie gras è il prodotto di una crudeltà estrema, perché gli animali sono forzati nell’alimentazione fino a presentare un fegato malato a morte (steatosi). Come si può ipotizzare che sia kasher il prodotto un animale deliberatamente torturato e reso gravemente e irrecuperabilmente invalido?


Il foie gras non dovrebbe essere considerato kasher, anzi è folle ritenerlo tale.


La pratica dell’ingozzamento forzato delle oche dovrebbe essere considerata un reato ai sensi degli artt. 544bis e ter del codice penale:


“Art. 544bis Uccisione di animali.

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi.”


“Art. 544ter Maltrattamento di animali

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 1 anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro.

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

La pena è aumentata della metà se dai fatti cui al primo comma deriva la morte dell’animale.”


Su queste basi non solo la produzione (vietata in Italia?) ma anche l'importazione e il consumo di foie gras dovrebbero essere vietate per sempre e non solo nei ristoranti kasher.


FATE IL SEDER VEGETARIANO !


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